Non
si deve mai dimenticare che per l’uomo non in linea con la modernità,
sia esso antico o contemporaneo, la sostanza stessa dell’universo è
sacra. Il cosmo parla all’uomo e tutti i suoi fenomeni hanno un
significato. Sono i simboli di una realtà superiore che la sfera cosmica
nasconde e rivela al tempo stesso. Proprio la struttura del cosmo serba
all’uomo un messaggio spirituale; una rivelazione che viene quindi
dalla stessa fonte della religione. Entrambe sono manifestazioni
dell’Intelletto Universale, il Logos, e il cosmo stesso è parte
integrante di quell’unico disegno universale in cui l’uomo vive e muore.
Per
consentire alle scienze moderne della natura di costituirsi, la sostanza
del cosmo dovette anzitutto essere svuotata del suo crisma sacro e
diventare profana. La visione dell’universo della scienza moderna,
specie attraverso il filtro della sua divulgazione, contribuì anch’essa
alla secolarizzazione della natura e delle sostanze naturali. I simboli
offerti dalla natura divennero fatti, entità in se stesse, completamente
staccate dagli altri ordini della realtà. Il cosmo, un tempo
trasparente, diventò così opaco e senza significato spirituale, per
coloro almeno che non avevano altro in mente che l’immagine scientifica
della natura, sebbene studiosi isolati la pensassero diversamente. Le
scienze tradizionali come l’alchimia, paragonabile alla celebrazione di
un rito cosmico, vennero ridotte ad una chimica in cui le sostanze hanno
perduto tutto il loro carattere sacro. Nel processo, le scienze della
natura vennero private della loro intelligibilità simbolica, un fatto
che per buona parte è il diretto responsabile della crisi che la
moderna visione scientifica del mondo e le sue applicazioni hanno
provocato.
In
particolare rilievo va posta la concezione quantitativa della scienza
moderna, perché la tendenza generale è quella di perseguire come optimum la
riduzione della qualità nella quantità, e di tutto ciò che è
essenziale in senso metafisico, in materiale e tangibile. Il soffocante
ambiente della materia creato dall’industrializzazione e dalla
meccanizzazione, come sanno tutti coloro che vivono oggigiorno nei
grandi centri urbani, è una conseguenza dell’indirizzo meramente
materiale e quantitativo delle scienze le cui applicazioni hanno reso
possibile l’industrialismo. Inoltre, mancando una visione globale e
metafisica del mondo, nella quale le scienze moderne potrebbero essere
integrate, si è perso di vista l’aspetto simbolico del numero e della
quantità. La teoria numerica pitagorico-platonica, al pari di molte
altre discipline tradizionali, è stata fatta apparire come una storia da
vecchie comari.
La
scienze quantitative, peraltro accettabili e legittime nelle opportune
circostanze, sono diventate le uniche scienze valide e approvate della
natura. Ogni altra conoscenza degli ordini naturali e cosmici è
destituita di fondamento scientifico e declassata al rango di
sentimentalismo o superstizione. Sembra quasi che la scienza moderna
abbia posto come condizione della sua accettazione il ripudio di ogni
cultura che risale alle fonti dell’esistenza, anche se molti scienziati
personalmente non condividono questo punto di vista. L’urto massiccio
che la scienza moderna ha esercitato sulla mentalità degli uomini è
stato quello di far loro conoscere gli aspetti accidentali delle cose al
patto della rinuncia a discernere l’essenza profonda di tutte le cose.
Ed è questa limitazione che fa incombere le più terribili conseguenze
sull’uomo come essere integrale.
La
ristrettezza di vedute che caratterizza la scienza moderna non consente
ci sia posto per una vera cultura cosmologica nel quadro della moderna
concezione scientifica del mondo. La cosmologia è una scienza che indaga
tutti gli ordini della realtà formale, dei quali quello materiale non è
che un aspetto. È una scienza sacra, destinata a unirsi alla
rivelazione e alla dottrina metafisica nel cui seno soltanto acquista
significato ed efficacia. Una cosmologia moderna oggi non esiste; anzi,
l’uso del vocabolo è l’indebita appropriazione di un termine di cui si è
perso il significato originale. Una cosmologia fondata esclusivamente
sull’elemento materiale e corporeo dell’esistenza, per quanto possa
estendersi lontano nelle galassie, nonché sulle mutevoli congetture
individuali, non è una vera cosmologia. È una panoramica generalizzata
sulla fisica e sulla chimica terrestri e, come alcuni teologi e filosofi
cristiani hanno fatto rilevare, manca completamente di una chiara
connotazione teologica, salvo che in qualche caso fortuito. In più, essa
si fonda su una fisica materiale che tende ad esasperare il processo di
analisi e di divisione della materia al fine di raggiungere la materia
“ultima” che sta alla base del mondo; un ideale, comunque, che non può
mai essere raggiunto a causa dell’ambiguità e dell’inintelligibilità con
naturali alla materia e che caratterizzano i confini del caos che
separa la materia formale dalla “materia pura”, chiamata materia prima dai filosofi medioevali.
La
scomparsa di una vera cosmologia in Occidente è dovuta, in generale, al
fatto che la metafisica è stata trascurata e, più precisamente, che si è
mancato di trarre dall’oblio le gerarchie dell’essere e della
conoscenza. I vari livelli della realtà sono stati ridotti a un unico
ambito psicofisico, come l’immagine di un panorama privata
all’improvviso della terza dimensione. Ne consegue che, non solo la
cosmologia è stata relegata tra le scienze specifiche delle sostanze
materiali, ma in un senso più lato, la tendenza a ridurre il più alto al
più basso e, viceversa, a far sorgere il più grande dal più piccolo, è
andata vieppiù prevalendo. Con la scomparsa di ogni criterio gerarchico
nella realtà, si sono anche dissolti i rapporti fra i vari gradi della
conoscenza e fra i vari livelli della realtà su cui le scienze antiche e
medioevali erano basate, facendole apparire come “superstizione” (nel
senso etimologico di questa parola) e come un qualcosa il cui principio è
stato distrutto o dimenticato.
Parimenti,
la metafisica si è ridotta a filosofia razionale e questa, a sua volta,
ha finito col diventare l’ancella delle scienze naturali e matematiche,
com’è nei voti di alcune scuole moderne secondo cui compito esclusivo
della filosofia è quello di illustrare i metodi e i contenuti logici
delle scienze. Venuta meno la funzione critica che la ragione, in modo
autonomo, dovrebbe esercitare nei confronti della scienza, che è una sua
creatura, questa figlia della mente umana si è eretta a giudice dei
valori umani e principio di verità. Nel corso di questo processo di
declassamento, in cui il ruolo critico indipendente della filosofia si è
arreso agli editti della scienza moderna, si è spesso dimenticato che
la stessa rivoluzione scientifica del secolo XVII prese le mosse da una
particolare posizione filosofica. Non la scienza della natura ma una
scienza avanzò certe ipotesi sulla natura della realtà, del tempo,
dello spazio, della materia, eccetera. Ma queste stesse ipotesi, dopo
essere state avanzate e prese come base di una scienza, sono state poi
tranquillamente dimenticate, mentre i risultati di questa stessa scienza
sono diventati fattori determinanti per spiegare la natura della
realtà. È dunque necessario rifarsi, sia pur in breve, al modo in cui i
moderni scienziati e filosofi della scienza concepiscono la scienza
moderna, specie quella fisica, per definire il significato della natura
delle cose in assoluto. Ci piaccia o no, sono proprio le loro vedute a
determinare in gran parte la concezione moderna della natura, così come
viene accettata dal grande pubblico, e sono esse perciò elementi
importanti nel problema generale del confronto uomo-natura.