Se
dalla filosofia passiamo alla psicologia, vediamo che le stesse
tendenze si presentano, nelle scuole più recenti, con un aspetto assai,
più pericoloso, perché, invece di tradursi in semplici assunti
teorici, esse vi trovano applicazioni pratiche di carattere molto
inquietante. Di questi nuovi metodi, secondo noi, i più
«rappresentativi» sono quelli conosciuti sotto la denominazione
generica di «psicanalisi». È importante rilevare che, per una strana
incoerenza, questa manipolazione di elementi appartenenti
incontestabilmente all’ordine sottile si accompagna sempre, presso
molti psicologi, ad un atteggiamento materialistico, senza dubbio
dovuto al genere di educazione ricevuta ed anche alla loro ignoranza
della vera natura degli elementi da essi messi in gioco [Il caso dello
stesso Freud, fondatore della psicanalisi, è tipico a questo riguardo:
egli infatti non ha mai cessato di proclamarsi materialista. A questo
proposito, ci viene spontanea una osservazione: il fatto che i
principali rappresentanti delle nuove tendenze, come Einstein per la
fisica, Bergson per la filosofia, Freud per la psicologia e molti altri
di minore importanza siano quasi tutti di origine ebraica, non
corrisponde forse esattamente all’aspetto «malefico» e dissolvente di
quel nomadismo deviato che predomina inevitabilmente negli Ebrei
staccati dalla loro tradizione?]. Una delle caratteristiche più
singolari della scienza moderna non è forse quella di non sapere mai
esattamente con cosa ha realmente a che fare, anche quando si tratta
semplicemente di forze dell’àmbito corporeo? D’altronde, a fianco delle
teorie e dei metodi più recenti, coesiste pur sempre una certa
«psicologia da laboratorio», conclusione di un processo di limitazione e
di materializzazione - di cui la psicologia «filosofico-letteraria»
dell’insegnamento universitario ha rappresentato la fase meno avanzata
-, e che ora è soltanto una specie di ramo accessorio della fisiologia;
ed è a questa «psicologia da laboratorio» che si applica quanto
abbiamo precedentemente detto a proposito dei tentativi fatti per
ridurre la stessa psicologia ad una scienza quantitativa.
Non è
una semplice questione di vocabolario il fatto, assai significativo,
che la psicologia attuale prenda sempre in considerazione solo il
«subconscio» e non il «superconscio», il quale dovrebbe esserne
logicamente il correlativo. Senza dubbio il «subconscio» è un termine
che indica un’estensione che si operi unicamente dal basso, cioè da
quel lato che, sia nell’essere umano sia nell’ambiente cosmico,
corrisponde alle «fenditure» attraverso le quali penetrano le influenze
più «malefiche» del mondo sottile, anzi, potremmo dire, quelle aventi
un carattere veramente e letteralmente «infernale» [Dobbiamo notare, a
questo proposito, che Freud, all’inizio della sua Traumdeutung, ha posto la seguente epigrafe molto significativa: «Flectere si nequeo superos, Acheronta movebo» (Virgilio, Eneide,
VII, 312)]. Certi psicologi hanno adottato come sinonimo o equivalente
di «subconscio» il termine «inconscio», il quale, preso alla lettera,
sembrerebbe riferirsi a un livello ancora inferiore, benché, a dire il
vero, corrisponda meno esattamente alla realtà; se ciò di cui si tratta
fosse veramente «inconscio», non vediamo proprio come sarebbe
possibile parlarne, soprattutto in termini psicologici. D’altronde, in
virtù di che cosa, se non di un semplice pregiudizio materialistico o
meccanicistico, occorrerebbe ammettere che esista veramente qualcosa
d’inconscio? Degna di nota è ancora la strana illusione per cui gli
psicologi giungono a considerare certi stati tanto più «profondi» quanto
più sono semplicemente inferiori; non è forse questo un indizio della
tendenza ad andare nel senso inverso a quello della spiritualità, la
quale sola può esser detta veramente profonda, perché essa sola è
inerente al principio ed al centro stesso dell’essere? D’altra parte,
poiché il campo della psicologia non si estende verso l’alto, il
«superconscio» le rimane completamente estraneo e del tutto precluso; e
quando le accade di venire in contatto con qualcosa di elevato, essa
pretende puramente e semplicemente di annetterlo, assimilandolo al
«subconscio»: tale è, quasi sempre, la natura delle sue presunte
spiegazioni concernenti la religione, il misticismo, ed anche certi
aspetti delle dottrine orientali come lo Yoga; e, in questa
confusione del superiore con l’inferiore, c’è già qualcosa che può
essere propriamente interpretato come una vera sovversione.
Notiamo
pure che, con i suoi richiami al «subconscio», la psicologia, come del
resto la «nuova filosofia», tende sempre più a raggiungere le posizioni
della «metapsichica» [Fu del resto lo «psichista» Myers ad inventare
l’espressione subliminal consciousness, che per amore
di brevità fu sostituita un po’ più tardi, nel linguaggio della
psicologia, con la parola «subconscio»]; nella stessa misura si avvicina
inevitabilmente, forse senza volerlo (almeno da parte di quegli
psicologi che nonostante tutto intendono rimanere materialisti), allo
spiritismo o ad altre cose del genere, le quali tutte, in definitiva, si
fondano sui medesimi oscuri elementi dello psichismo inferiore. Se
queste cose, dall’origine e dal carattere più che sospetti, appaiono
come movimenti «precursori» ed alleati dell’attuale psicologia, e se
questa è giunta, sia pure per un cammino obliquo, ma proprio per ciò più
comodo di quello della «metapsichica», la quale in certi ambienti è
ancora posta in discussione, ad introdurre gli elementi in questione nel
campo della scienza «ufficiale», si è costretti a pensare che la vera
funzione di questa psicologia, nelle attuali condizioni del mondo, sia
stata proprio quella di concorrere attivamente alla seconda fase
dell’azione antitradizionale. A questo proposito, la pretesa della
psicologia ordinaria, prima segnalata, di annettere, facendole entrare a
forza nel «subconscio», certe cose che per la loro stessa natura le
sfuggono completamente, non può spiegarsi, fermo restando il suo
carattere nettamente sovversivo, che con quello che potremmo chiamare il
lato infantile di tale funzione, giacché simili spiegazioni, come le
spiegazioni «sociologiche» di queste stesse cose, sono, in fondo, di
un’ingenuità «semplicistica» sconfinante talvolta nella pura stupidità.
Ma ciò è incomparabilmente meno grave, quanto alle conseguenze
effettive, di quel lato veramente «satanico» che dobbiamo ora
puntualizzare per quanto concerne la nuova psicologia.
Questo
carattere «satanico» appare nettamente ed in modo del tutto particolare
nelle interpretazioni psicanalitiche del simbolismo, o di quanto, a
torto o a ragione, viene considerato tale; è una restrizione necessaria
perché, su questo punto come su tanti altri, vi sarebbero molte
distinzioni da fare e numerose confusioni da dissipare: ad esempio,
tanto per prendere un caso tipico, un sogno nel quale si esprime una
ispirazione «sopraumana» è veramente simbolico, mentre un sogno
ordinario non lo è affatto, e ciò a prescindere dalle apparenze
esteriori. Naturalmente gli psicologi delle scuole anteriori avevano
anch’essi sovente tentato di spiegare a modo loro il simbolismo, e di
ricondurlo alla misura delle proprie concezioni; nel caso di un
effettivo simbolismo, queste spiegazioni di ordine puramente umano, come
sempre avviene quando sono in gioco cose di carattere tradizionale,
disconoscono ciò che costituisce l’essenziale; nel caso, invece, di cose
semplicemente umane, si tratta evidentemente di un falso simbolismo,
ma il fatto stesso di designarlo con questo nome comporta pur sempre lo
stesso errore circa la natura del vero simbolismo. Ciò vale anche per
le concezioni degli psicanalisti, con la differenza che allora non si è
più soltanto di fronte a qualcosa di umano, ma inoltre, in gran parte,
di «infraumano»; si è dunque qui alla presenza non più di un semplice
abbassamento, ma di una sovversione totale; ed ogni sovversione, anche
se ha la sua causa immediata nell’incomprensione e nell’ignoranza (le
quali sono quanto di meglio si presta ad essere sfruttato per un tal
uso), è pur sempre, in se stesso, essenzialmente qualcosa di «satanico».
Del resto, il carattere generalmente ignobile e ripugnante delle
interpretazioni psicanalitiche costituisce, a questo proposito, un
«marchio» che non lascia dubbi. Particolarmente significativo è il fatto
che, come abbiamo rilevato altrove [Cfr. L’Erreur spirite,
cit., parte II, cap. X], questo «marchio» si ritrovi proprio in certe
manifestazioni dello spiritismo; ed occorrerebbe una forte dose di buona
volontà, se non addirittura una completa cecità, per non vedervi
nient’altro che una semplice «coincidenza». Gli psicanalisti, non meno
degli spiritisti, possono essere, nella maggioranza dei casi, del tutto
inconsapevoli di quel che sta sotto a tutto ciò: sia gli uni sia gli
altri appaiono egualmente «diretti» da una volontà sovvertitrice che
utilizza, in entrambi i casi, elementi dello stesso ordine per non dire
identici; e questa volontà è comunque sempre ben cosciente negli esseri
in cui si incarna, e corrisponde ad intenzioni senza dubbio molto
diverse da quelle che suppongono coloro che sono solamente gli strumenti
incoscienti della loro azione.
In
queste condizioni, è più che evidente come l’utilizzazione principale
della psicanalisi, ossia la sua applicazione a scopo terapeutico, non
possa che essere estremamente pericolosa sia per chi vi si sottopone,
sia per chi la esercita, poiché con queste cose non si viene a contatto
impunemente. Senza nessuna esagerazione, possiamo dire che si tratta
di uno degli speciali mezzi impiegati per accrescere il più possibile
lo squilibrio del mondo moderno e condurlo verso la dissoluzione finale
[Un altro di questi mezzi è l’impiego analogo della «radioestesia»:
anche qui, in certi casi, entrano in gioco elementi psichici della
stessa qualità, anche se si deve riconoscere che essi non presentano il
carattere «repellente» tipico della psicanalisi]. Coloro che praticano
questi metodi di terapia sono invece persuasi - e noi non dubitiamo
della loro sincerità - della validità dei loro risultati; sennonché è
proprio grazie a questa illusione che si rende possibile la diffusione
di tali metodi, ed è così che si può cogliere tutta la differenza
esistente tra le intenzioni di questi «praticoni» e la volontà che
presiede all’opera di cui essi sono i ciechi collaboratori. In realtà,
la psicanalisi non può avere se non l’effetto di portare alla
superficie, rendendolo chiaramente cosciente, tutto il contenuto di quei
«bassifondi» dell’essere che costituiscono ciò che viene chiamato
propriamente il «subconscio»; inoltre, questo essere è già, per ipotesi,
psichicamente debole, poiché, se fosse altrimenti, non proverebbe
certo il bisogno di ricorrere ad una terapia di tal sorta, ed è quindi
ancor più incapace di resistere ad una simile «sovversione», sicché
rischia di affondare irrimediabilmente nel caos delle forze tenebrose
imprudentemente scatenate; e se riuscisse nonostante tutto a sfuggirvi,
ne conserverà tuttavia, per tutta la vita, un’impronta che sarà per lui
una «macchia» incancellabile. Immaginiamo l’obiezione che, a questo
punto, alcuni potrebbero formulare invocando una similitudine con quella
«discesa agli Inferi» che s’incontra nelle fasi preliminari del
processo iniziatico. Una tale assimilazione è completamente falsa,
perché nei due casi i fini non hanno nulla in comune, ed anche le
condizioni dei rispettivi «soggetti» sono alquanto diverse. Si può
quindi parlare solamente di una specie di parodia profana, che sarebbe
già di per se stessa sufficiente a conferire a tutto ciò un carattere di
«contraffazione» piuttosto inquietante. La verità è che questa pretesa
«discesa agli Inferi», non seguita da nessuna «risalita», è
semplicemente una «caduta nel pantano», per adoperare un’espressione
simbolica di certi Misteri dell’antichità. È noto infatti che lungo la
strada che conduceva ad Eleusi s’incontrava ad un certo punto questo
«pantano»: coloro che vi cadevano erano i profani che pretendevano di
accedere all’iniziazione senza possedere le necessarie qualificazioni e
che erano dunque vittime della loro imprudenza. Aggiungiamo solamente
che «pantani» del genere esistono veramente, sia nell’ordine
macrocosmico sia in quello microcosmico. Ciò è in diretta relazione con
la questione delle «tenebre esteriori» [Ciò in relazione con quanto
abbiamo indicato a proposito del simbolismo della «Grande Muraglia» e
della montagna Lokaloka] e, a questo proposito, si potrebbero
citare alcuni testi evangelici il cui senso concorda esattamente con
quanto abbiamo indicato. Nella «discesa agli Inferi» l’essere esaurisce
definitivamente certe possibilità inferiori per potersi quindi elevare
agli stati superiori; mentre nella «caduta nel pantano», queste
possibilità inferiori penetrano in lui per dominarlo ed infine
sommergerlo completamente.
Anche
qui abbiamo parlato di «contraffazione»; questa impressione è
comprovata da altre constatazioni, come quella della snaturazione del
simbolismo, già innanzi segnalata, snaturazione che tende del resto ad
estendersi a tutto quanto contiene essenzialmente elementi
«sopraumani», come lo dimostra l’atteggiamento assunto nei confronti
della religione [Freud dedicò all’interpretazione psicanalitica della
religione uno speciale libro, in cui le sue proprie concezioni si
combinano con il «totemismo» della «scuola sociologica»] ed anche delle
dottrine di ordine metafisico ed iniziatico, come lo Yoga, le
quali pure non sfuggono a questo nuovo genere di interpretazione,
sicché certuni sono giunti ad assimilare i metodi di «realizzazione»
spirituale propri di tali dottrine con i metodi terapeutici della
psicanalisi. Ci troviamo così di fronte a qualcosa di ancor peggiore di
quelle altre grossolane deformazioni tanto frequenti in Occidente,
come quella secondo cui i metodi dello Yoga sarebbero una
specie di «cultura fisica» o di terapia d’ordine semplicemente
fisiologico: queste deformazioni, a motivo della loro stessa
grossolanità, sono infatti meno pericolose di quelle che si presentano
sotto parvenze più sottili. Non soltanto perché queste ultime rischiano
di sedurre persone sulle quali le deformazioni grossolane non
avrebbero alcun effetto, ma anche per un’altra ragione di portata più
generale, e cioè che le concezioni materialistiche, come abbiamo già
visto, sono meno pericolose di quelle che si fondano sullo psichismo
inferiore. Beninteso, il fine puramente spirituale, che costituisce
l’essenza dello Yoga ed in difetto del quale l’impiego stesso
di tale termine è soltanto una derisione, è in entrambi i casi
completamente misconosciuto. Lo Yoga non è una terapia
psichica più di quanto sia una terapia fisica, ed i suoi metodi non sono
in alcun modo una cura per malati o per squilibrati, ma sono destinati
esclusivamente a persone che, per poter realizzare quello sviluppo
spirituale che è la loro unica ragion d’essere, devono già essere, per
naturale disposizione, il più perfettamente equilibrati possibile; si
tratta cioè di condizioni che, com’è facile comprendere, rientrano
strettamente nella questione delle qualificazioni iniziatiche [Su un
tentativo di applicazione della teoria psicanalitica alla dottrina
taoista, cfr. lo studio di André Préau, La Fleur d’or et le Taoisme sans Tao, che ne costituisce un’eccellente confutazione].
Ma c’è
un altro punto, concernente la «contraffazione», che è forse ancor più
importante di tutto quanto abbiamo sinora menzionato: è l’obbligo,
imposto a chiunque intenda praticare professionalmente la psicanalisi,
di essere egli stesso previamente «psicanalizzato». Ne consegue
innanzitutto che la persona la quale ha subìto questa operazione non può
più essere quella di prima: come dicevamo in precedenza, essa ne
riceve un’impronta incancellabile, proprio come nel caso
dell’iniziazione, ma in qualche modo in senso inverso, poiché, invece
di uno sviluppo spirituale, si avrà uno sviluppo dello psichismo
inferiore. Inoltre, il suddetto obbligo costituisce una evidente
imitazione della trasmissione iniziatica: ma, a motivo della diversità
della natura delle influenze messe in atto, e dovendosi pur sempre
constatare un risultato effettivo, per cui non si può parlare di una
sorta di simulacro senza alcuna portata, questa trasmissione si presta
meglio ad un paragone con quella che si pratica nel campo della magia, o
più precisamente in quello della stregoneria. Del resto, la stessa
origine di tale trasmissione presenta un punto assai oscuro: dal
momento che è evidentemente impossibile dare ad altri ciò che già non
si possiede, ed essendo l’invenzione della psicanalisi del tutto
recente, donde mai i primi psicanalisti hanno ricevuto i «poteri» che
trasmettono ai loro discepoli, e da chi essi stessi hanno potuto essere
per primi «psicanalizzati»? Una tale domanda, che ci pare alquanto
logica, almeno per chi sia capace di riflettere, è probabilmente molto
indiscreta, ed è ben difficile che qualcuno arrivi a darle una risposta
soddisfacente; ma, a dire il vero, anche in mancanza di essa, si può
riconoscere in questa trasmissione psichica un altro «marchio»
veramente sinistro per gli accostamenti che essa suggerisce: la
psicanalisi presenta infatti, sotto questo aspetto, una rassomiglianza
piuttosto terrificante con certi «sacramenti del diavolo»!