La
gente beve e fuma non «così», non «per noia», non «per stare allegri»,
non perché a loro «piace», bensì per soffocare la propria coscienza. Ma
se è così, quanto spaventose debbono essere le conseguenze di ciò. E
infatti basta pensare a come sarebbe un edificio che sia stato costruito
non con una buona livella, per controllar che i muri venissero su
diritti, e non con una squadra precisa, per controllare che gli angoli
fossero retti, bensì con una livella molle, che si piegava tutta ad ogni
irregolarità dei muri, e con una squadra che si adattava egualmente
bene a tutti gli angoli, sia a quelli ottusi a che quelli acuti.
Ed è
appunto questo che avviene nella vita di tutti i giorni, grazie al fatto
che gli uomini si drogano. Non è la vita che si adegua alla coscienza; è
la coscienza che si piega e si adatta alla vita. Ciò avviene nella vita
di singoli individui, e avviene del pari nella vita di tutta quanta
l’umanità, la quale si compone appunto della vita dei singoli individui.
Chi vuol
comprendere tutto il significato di un simile offuscamento della
consapevolezza, provi a rammentarsi bene qual era la sua condizione
interiore in ciascun periodo della sua vita. E si accorgerà che in ogni
periodo della sua vita egli ha avuto dinanzi a sé determinati problemi
morali, che egli doveva risolvere e dalla soluzione dei quali dipendeva
tutto il bene della sua vita. Per la soluzione di questi problemi
occorre una gran tensione dell’attenzione. Questa tensione è un lavoro. E
in ogni lavoro, e specialmente all’inizio, vi è un momento in cui il
lavoro sembra faticoso, tormentoso, e la debolezza umana suggerisce il
desiderio di abbandonarlo. Un lavoro fisico sembra tormentoso, quando si
incomincia a farlo; e ancor più tormentoso sembra il lavoro
intellettuale. Come dice Lessing, gli uomini hanno la caratteristica di
smettere di pensare quando il pensare comincia a presentare delle
difficoltà, e precisamente quando, aggiungerò io, il pensare comincia a
produrre frutti. L’uomo si accorge che la soluzione dei problemi che ha
dinanzi richiede una tensione, spesso tormentosa, e avrebbe voglia di
sottrarsi a questa tensione. Se egli non disponesse di modi interiori di
drogarsi, egli non potrebbe distogliere la propria attenzione dai
problemi che ha dinanzi, e, che lo voglia o no, si vedrebbe costretto a
risolverli. Ma ecco che l’uomo scopre un modo di scacciare questi
problemi ogni volta che essi gli si presentano, e ricorre ad esso. Non
appena i problemi che attendono soluzione cominciano a tormentarlo,
l’uomo ricorre a questi modi, e si salva dall’inquietudine che suscitano
in lui i problemi che lo preoccupano. La sua consapevolezza cessa di
pretendere che essi vengano risolti, e i problemi irrisolti rimangono
irrisolti fino al successivo schiarirsi della consapevolezza. Ma quando
la consapevolezza è tornata chiara, si ripete la medesima cosa, e l’uomo
continua per mesi, per anni, talvolta per tutta la vita a rimaner fermi
dinanzi a quegli stessi problemi morali, senza muoversi d’un solo passo
in direzione della loro soluzione. E tuttavia proprio nella soluzione
dei problemi morali consiste tutto quanto il moto della vita.
Avviene
dunque, in ciò, qualcosa di simile a quel che farebbe un uomo che
dovesse riuscire a vedere il fondo d’una pozza d’acqua torbida per
ritrovare una cosa preziosa cadutagli appunto lì, e che non volendo
entrar nell’acqua, agitasse consapevolmente quell’acqua tutte le volte
che essa comincia a depositarsi e a ridiventar trasparente. L’uomo che
si droga rimane spesso immobile per tutta la vita entro una concezione
del mondo oscura e contraddittoria, ch’egli ha assimilata una volta per
tutte, e ogni volta che la sua consapevolezza comincia a rischiararsi,
egli spinge sempre contro la stessa parete contro cui spingeva già dieci
o vent’anni prima, e che egli non potrà sfondare in nessun modo,
giacché ottunde continuamente, e consapevolmente, quella punta del suo
pensiero che sola potrebbe sfondar la parete.
Provi
ciascuno a rammentarsi com’era, prima d’aver incominciato a bere o a
fumare, e verifichi anche in altre persone, e riscontrerà un tratto
caratteristico costante, che distingue le persone dedite a una qualche
droga, da coloro che son liberi dalla droga: quanto più un uomo si
droga, tanto più egli è moralmente immobile.