La
stampa popolare si comporta come se fosse un fatto ormai acquisito che
con la nostra intelligenza non si può saper nulla di sicuro, intorno a
Dio, all’anima, al bene e al male e che, per qualche motivo non ben
chiaro, la religione è cosa alla quale non bisogna pensare troppo, che
la storia e gli studi scientifici sono, non si sa bene perché, per la
loro natura stessa nemici della religione. Così l’uomo medio, tutt’altro
che privo di senso pratico, minuzioso e preciso nel campo dei suoi
affari, o della sua professione, si abbandona a una incredibile
superficialità e leggerezza di parole quando si avventura in quello
spirituale. Eppure io credo che non vi siano altri libri al mondo,
neppure quelli dello stesso Aristotele, nei quali si possa trovare come
nell’opera di San Tommaso una distinzione così rigorosa fra ciò che è
materia di speculazione e ciò che è fatto provato; fra l’ ipotesi e la
dimostrazione, né una altrettanto spietata logica, né una cosi laboriosa
raccolta di tutti i fatti disponibili, né un così minuzioso vagliare e
rivagliare di prove, del tutto indipendenti dalle mode del pensare
filosofico e scientifico del tempo poiché non va dimenticato che anche
nel campo della scienza vi sono mode e manie, frasi fatte e luoghi
comuni. Lo vediamo oggi stesso nella moda invalsa fra gli scienziati del
tempo nostro (preoccupati di mettere la scienza alla portata delle
masse) di abbandonarsi a quella che a me pare trascuratezza nell’
esposizione e, spesso, un avventato tirare a indovinare in pubblico,
così grossolano da essere peggiore (perché dovuto a un meschino
desiderio di pubblicità e di “effetto”) di ciò che si ebbe al tempo di
Tyndall e di Huxley poiché nell’opera di costoro si avverte una specie
di rude ottimismo, giovanile e aspro che fa perdonare molto di quanto di
avventato era nelle loro affermazioni e dovette poi essere
abbandonato. Tommaso D’Aquino era di altra tempra: egli leggeva tutto e
non dimenticava nulla; non mescolava mai gli argomenti che andava
trattando, sia che avessero rapporto con la storia pura e semplice, sia
con la psicologia degli uomini (come là dove tratta delle passioni umane
o di argomenti del tutto concreti quali l’effetto dei bagni caldi sull’
intelletto...) o l’ascetica, o la metafisica, o il dogma rivelato, o la
teologia.
In
nessun punto della sua opera immensa si trova la più piccola stonatura;
mai una parola il cui senso non sia stato ben chiarito in precedenza;
mai una svista in una discussione. Nessuno può dire di aver studiato a
fondo e ben compreso un filosofo antico finché non sappia come il suo
pensiero fosse interpretato all’epoca e secondo il trattamento di San
Tommaso; né è possibile far meglio, nel leggere un autore posteriore a
Tommaso, che cercare di far passare ciò che egli ha scritto attraverso
il minuto vaglio del pensiero di Tommaso stesso. (..)
Tommaso
D’Aquino basta (anche se non avesse avuto un solo discepolo - ma ne ha
avuti a centinaia- in ogni generazione attraverso i secoli) a smentire
la fola che la religione tema il pensiero e la scienza, che essa non è
altro che un rapporto emotivo, una oscura tradizione, un salto buio, o
anche soltanto e unicamente una mistica unione con Dio: benché
quest’ultima, quando sia sincera, è lo stupendo frutto di essa. San
Tommaso, per la sua stessa personalità, nei suoi libri, attraverso le
migliaia di libri che furono scritti intorno a lui, attraverso il grande
ordine dei domenicani ai quali appartenne, nelle scuole che ancora
esistono, pensano e si sviluppano sotto l’impulso che egli vi impresse e
seguendo il suo metodo, smentisce questo mito.
La
religione non teme l’indagine, la desidera, e anzi la prima a farne uso
su se stessa: non ho mai letto attacchi contro la religione più
penetranti e severi di quelli ideati da Tommaso d’Aquino! Ma non fu
soltanto la sua intelligenza che fece di Tommaso un Santo. Egli stimava
assai poco la parte intellettuale dell’opera sua, commovente vedere ii
manoscritto di uno dei suoi più grandi libri, conservato nella
Biblioteca Vaticana, e notare come attraverso interi paragrafi di una
scrittura fitta, abbreviata, quasi stenografica, la sua penna abbia
tracciato una riga di inchiostro ormai ingiallito, che sta a dimostrare
come egli fosse insoddisfatto di ciò che a noi pare cosa preziosissima.
Senza dubbio la sua umiltà, profonda come sempre nei dotti veramente
grandi i quali vedono quanto imponente sia la Verità e come il massimo
che l’uomo riesce a sapere è ben poca cosa, lo induceva a tenere in
assai piccolo conto il suo lavoro. Ma oltre a questo, nella profondità
dell’animo suo Tommaso era giunto a vivere in una cosi abituale
comunione con Dio, addirittura ad abitare col pensiero nella regione di
cui la più minuziosa teologia non è altro che la carta geografica, da
poter dire: “tutto ciò che ho scritto mi pare oggi valere assai poco”.
Quest’uomo
che aveva viaggiato tanto, che conosceva intimamente i suoi simili,
era, in virtù del suo amore per Gesù Cristo, in cosi stretto contatto
con Dio che tutto il sapere, che ogni forma di attività di vita, erano
divenuti per lui il mezzo per una continua e santa comunione. Forse ii
modo migliore per metterci in contatto con San Tommaso lo abbiamo
attraverso i suoi inni eucaristici, due brani dei quali O Salutaris Hostia e Tantum Ergo si cantano ogni domenica da milioni di credenti in tutte le chiese sparse per il mondo.