In Biutiful Inarritu ci trascina nei gironi danteschi di una Barcellona cupa e desolata, tra sentieri colmi di dolore, sopraffazione e disperazione.
Ci fa respirare un'atmosfera intensa ed indigesta sin dalle prime inquadrature.
Il messicano, al suo quarto film, decide di
abbandonare la narrazione ad intreccio, eliminando così salti temporali e
sovrapposizioni, scegliendo invece la linearità e dedicandosi interamente ad un
unico personaggio.
Biutiful ha la rara dote di mostrare una storia di
degrado in maniera viva e lucida, ma aldilà degli aspetti tecnici, il soggetto
che rende il film strepitoso è Javier Bardem, che dona anima e corpo ad Uxbal,
un personaggio complesso e sofferente.
Un uomo che ci viene subito presentato nel suo
dramma interiore: un cancro aggressivo alla prostata gli concede soltanto due
mesi di vita.
Il lavoro di Inarritu è dunque subito esplicito
divenendo un lungo percorso di redenzione di un uomo colmo di contraddizioni.
La regia segue gli intenti, è portentosa e mai
invadente, essa è priva di virtuosismi e descrive alla perfezione la decadenza
dell’uomo metropolitano.
Uxbal è padre di due figli, Ana e Mateo, che ama
profondamente, ed una ex moglie (una intensissima Maricel Alvarez) afflitta da
depressione.
Egli è un personaggio multiforme, si trascina per
i quartieri sporchi di Barcellona tra traffici illegali e spiritismo, la sua
malattia è un universo di paure che gli esplode nel cervello, una febbre
intollerabile.
Ogni attimo è per lui un occasione di accettazione
del suo strano destino e di immersione totale nella realtà, ma il presente è
fatto di sopraffazioni, di rottami, di tristezze debilitanti, di nostalgie
indefinite, di frammenti e sentimenti contrastanti: è caos, ad Uxbal manca la
terra sotto i piedi ed una riconciliazione con chicchessia diviene per lui un
impresa.
La città vecchia (come la chiamerebbe De Andrè) in
cui si dimena è totalmente indifferente alla sofferenza umana, non vi è
possibilità di dominarne gli sguardi, il fato sembra indicare una propensione
alla guerra e all'odio che rende insostenibile tutto il resto, egli cerca di
rimanere in piedi tra le rovine, provando ad accettare suo malgrado l'idea di
una fine prematura (" non aggrapparsi alla vita come fa la gente sciocca").
Osserva questa sua inquietudine della morte in profondità ed a poco a poco
riesce ad uscire dalla forma, dal corpo, fino ad esplorarla dal di fuori.
E così che anche la paura si dissolve, ed egli, tramite un sogno in cui fuma
una sigaretta insieme al padre mai conosciuto, comprende con un dolce sorriso
di essere vita eterna.
Sulla strada della redenzione, la sua via diviene
inevitabilmente luminosa.
"Il malato? Un metafisico suo
malgrado." (E.Cioran)