Democrazia ed oligarchia - R.Michels

Tutti i partiti hanno un obiettivo parlamentare. La via su
cui essi muovono è la via legalitaria ed elettorale; loro scopo immediato è il conseguire influenza in parlamento; loro ultima finalità è la così detta conquista del potere politico. In tale guisa resta spiegato perché anche i rappresentanti dei partiti rivoluzionari entrino a far parte della assemblea legislativa. Ma il lavoro parlamentare che essi vi compiono, dapprima contro voglia, poi con crescente compiacimento ed interesse, li trasporta ancor sempre più lontano dai loro elettori. Le questioni che lor si presentano e che esigono di venir da essi seriamente studiate, hanno per effetto di allargare e di approfondire le loro cognizioni e di aumentare quindi sempre di più il divario tra loro e i compagni rappresentati.
Non è, adunque, soltanto un divario puramente iniziale tra i rappresentanti dei partiti detti rivoluzionari e i loro compagni, che l'attività parlamentare ingrandisce.
Addestrandosi nei dettagli della vita politica, nei particolari della legislazione, delle questioni tributarie, delle questioni daziarie e nei problemi della politica estera, i capi acquistano un valore che - almeno finché la massa si attiene alla tattica parlamentare, ma forse anche se vi rinunzia - li rende indispensabili al partito e ciò per il fatto ch'essi ormai non potrebbero più venir sostituiti senz'altro da altri elementi del partito non facenti parte del meccanismo burocratico perché accudiscono invece alle loro quotidiane occupazioni, che li assorbono completamente.
E così dalle cognizioni di causa vien virtualmente creata, anche in questo campo, una inamovibilità che è in contraddizione coi principi fondamentali della democrazia.
Le cognizioni di fatto che innalzano definitivamente i capi al di sopra della massa rendendosela schiava, acquistano una base ancor più salda per i bei modi e pel savoir faire in società, che i deputati imparano nei parlamenti, come pure per lo specializzarsi, frutto in particolar modo del lavoro compiuto nella camera oscura
delle commissioni.
E’ naturale ch'essi applichino poi gli stratagemmi, ivi appresi, anche nei loro rapporti col partito. Con ciò riescono facilmente a vincere eventuali correnti loro contrarie: Nell'arte di dirigere le adunanze, di applicare ed interpretare il regolamento e il programma, di presentare opportuni ordini del giorno in momenti opportuni, in breve, negli artifici atti a toglier di mezzo dalla discussione i punti importanti ma loro ostici od anche ad indurre una maggioranza mal disposta a votare in loro favore o, nel caso più sfavorevole, a farla ammutolire, essi sono maestri. Quali relatori e competenti che conoscono persino i più reconditi penetrali del tema che han da trattare, e che a forza di raggiri, parafrasi ed abilità terminologica, san trasformare anche le questioni più semplici e più naturali del mondo in tenebrosi misteri, dè quali essi soli possiedon la chiave, essi sono, in linea intellettuale, del tutto inaccessibili e, in linea tecnica, del tutto incontrollabili da parte delle grandi masse, di cui ognuno di essi si atteggia ad essere "l’esponente teorico".
Essi sono i padroni della situazione. In questa posizione essi vengon vieppiù fortificati dalla fama che si vanno acquistando, sia come oratori, sia come studiosi o conoscitori di determinate materie, sia anche con le attrattive della loro personalità - intellettuale oppur soltanto fisica - nella stessa sfera dé loro avversari politici e, per
tal modo, anche nell'opinione pubblica.

(…)

La formazione di regimi oligarchici nel seno dei regimi democratici moderni è organica. In altri termini, essa è da considerarsi quale tendenza, alla quale deve soggiacere ogni organizzazione, persino la socialistica, persino la libertaria. Questa tendenza si spiega in parte con la psicologia, cioè coi cambiamenti psichici che le singole personalità subiscono nel corso del loro moto evolutivo nel partito; in parte invece anche, ed anzi in primo luogo, con ciò che si potrebbe chiamare la psicologia dell'organizzazione stessa, vale a dire colle necessità di natura tattica e tecnica, che derivano dal consolidarsi dell'aggregato in ragione diretta del suo procedere disciplinatamente sulla via della politica.
Se vi è una legge sociologica, a cui sottostanno i partiti politici - e prendiamo qui la parola politica nel suo senso più lato - questa legge, ridotta alla sua formula più concisa, non può suonare che all'incirca così: l'organizzazione è la madre della signoria degli eletti sugli elettori.
L'organizzazione di ogni partito rappresenta una potente oligarchia su piede democratico. Dovunque, in essa, si rintracciano elettori ed eletti, ma, pure dovunque,dominio quasi illimitato dei capi eletti sulle masse elettrici. Sulla base democratica s'innalza, nascondendola, la struttura oligarchica dell'edificio.

Fonte: tratto da “La democrazia e la legge ferrea dell’oligarchia” di R.Michels







Il predatore di McTiernan

 

Il 12 giugno del 1987 usciva nelle sale statunitensi uno di quei film di culto rimasti impressi nell’immaginario di molti.

Una pellicola di pura azione che ha poco di “intellettuale” ma che è stato molto importante poiché ha introdotto una nuova creatura nel panorama fantascientifico.

“Predator” è quel film che unisce una sorta di machismo made in USA tipico degli anni reganiani con una dose di originalità.

Sulla scia del seguito a nome “Alien 2” di Cameron e per certi versi anche del seminale primo “Terminator”, il film di McTiernan colpì subito perché riprendeva l’adrenalina per eccellenza, quella della caccia all’uomo.

Un ribaltamento di ruolo. L’essere umano che diventa da cacciatore a preda. Tema questo già sviscerato in un capolavoro del passato (1932) che solo i cinefili più incalliti ricordano: “La pericolosa partita”.

“Predator” si svolge in uno scenario perfetto (la giungla messicana) ed introduce un nuovo personaggio che usa la stessa crudeltà della squadra di mercenari capitana da Dutch (Arnold Scharzenegger) ma che con loro gioca una partita a scacchi, divertendosi nei loro confronti.

Uccidendoli uno alla volta come appunto fanno i cacciatori, tergiversando in una soggettiva senza soggetto.

“La foresta ha preso vita e lo ha rapito" è una frase iconica del film ed in effetti è la foresta forse la protagonista della storia. Luogo pericoloso ed insidioso in cui l’alieno si mimetizza e studia attentamente. Usando una vista “alterata” che scansiona il calore corporeo degli uomini.

L’alieno non è un invasore. È solo un cacciatore, con un codice comportamentale quasi cavalleresco, che mira esclusivamente a prelevare trofei di caccia.

Un film di “mostri” che non ha l’esigenza impellente di mostrare o far capire le sembianze della nuova creatura che atterrisce ma nello stesso modo affascina per la sua capacità di mimetizzarsi. Nella continua antitesi disturbante tra prossimità ed irraggiungibilità.

Solo alla fine, in un duello ad armi pari si scopre la reale natura del Predatore che Dutch affronta. Così come se si affrontasse il proprio doppio in forma elementare. Senza tecnologia.

Il duello ad armi pari rappresenta una complementarietà ed anche una forma di rispetto. La caduta della maschera e l’urlo.

Due simboli per eccellenza. Il primo che tiene a bada la reale natura bestiale e il secondo che invece rimarca la vera essenza di quello che siamo. Senza filtri.


                                                    OC

Un cappello pieno di ciliege di Oriana Fallaci

"Una cosa è morire sotto una tirannia che ti opprime coi plotoni di esecuzione, e una cosa è vegetare sotto una tirannia che ti opprime con la falsa benevolenza e l'opportunismo di chi si adegua"

Una lunga e appassionante avventura dei cento anni forse più densi di avvenimenti della Storia d'Italia (1773-1889), visti attraverso gli occhi delle famiglie dei quattro nonni dell'autrice. Uomini e donne indomiti, che sfidano la sorte, quasi sempre avversa, costruendo la propria vita e il proprio Paese.

Un romanzo che ci riconsegna una grandissima personalità della letteratura italiana (e del giornalismo mondiale) colpevolmente ricondotta, post mortem, alle sue sole uscite più recenti, post 11 settembre, che hanno permesso di versare fiumi di inchiostro anche a colleghi meno dotati di lei.

Romanzo postumo e incompiuto, che avrebbe dovuto arrivare fino alla nascita della scrittrice e frutto di un lungo lavoro di documentazione nella polvere degli archivi, ci regala personaggi sanguigni, calati nel loro tempo ma molto moderni nella loro lotta quotidiana, soprattutto delle donne.

Corposo, come ogni saga che si rispetti, invita costantemente al confronto con l'oggi.