Lev Kulesov è stato un autore e regista le cui teorie sulla funzione del montaggio influenzarono tutti i cineasti futuri. Fu il primo in assoluto a elaborare una teoria del montaggio vera e propria.
«Il montaggio permette la costruzione di una superficie terrestre immaginaria, indipendentemente dalla qualità delle singole parti del tutto, riprese separatamente dalla macchina da presa: le singole parti sono collegate fra loro da un unico tempo d’azione. Se noi, riprendendo una scena la smembriamo nei suoi momenti costitutivi fondamentali e in corrispondenza cambiamo la posizione della macchina da presa, otterremo una geografia terrestre inventata, creata a piacere. Elementi di natura diversa, sullo schermo sembreranno trovarsi in uno stesso luogo d’azione».
Dimenticato tra le opere giganti dei suoi connazionali Vertov e Ejzenstejn, in
realtà la grandezza di Kulesov non può ridursi “solamente” al suo famoso
esperimento Effetto Kulesov ( la sua straordinaria dimostrazione sul fatto che
associando due immagini si può produrre senso montando lo stesso primo piano di
un attore accanto a oggetti e situazioni differenti).
Kulesov difatti, oltre ad essere riconosciuto come
il reale pioniere della scuola sovietica del montaggio, fu il primo cineasta
che tentò di scandagliare l'alfabeto cinematografico, i suoi scritti teorici
anticiparono di gran lunga Ejzenstejn e tutti gli altri e grazie ad opere come Dura
Lex lasciò un' impronta importante anche nella regia e nella recitazione
(grazie soprattutto alla sua compagna Aleksandra Chochlova).
La sua idea di montaggio si centrò sia sulla
funzionalità narrativa che su un idea costruttivista secondo principi
tecnico-scientifici.
A differenza di D.Vertov e il suo famoso
capolavoro “L'uomo con la macchina da presa”, Kulesov non rifiutò il soggetto e
girò i suoi film principali basandosi sugli scritti di autori letterari
americani.
Il suo film più riuscito fu Dura Lex del 1926,
tratto dal racconto “The Unexpected” di J.London.
Trattasi di una pellicola violenta e macabra
considerando l'epoca in cui fu girata, una sorta di western atipico incentrato
su una palese critica alla stupidità della morale borghese.
Kulesov approfittò delle campagne sovietiche
basate sul risparmio per portare acqua al suo mulino.
Ridusse i costi di produzione condensando l’azione
a pochi esterni e
ad un unico set, il tutto proprio per ottenere
quel senso di sobrietà ed essenzialità che desiderava trasmettere attraverso la
settima arte.
Il risultato fu un film minimalista dal budget
irrisorio (probabilmente il più basso della storia del cinema russo) a servizio
di un racconto stilizzato ai minimi termini, pochi attori e dialoghi ridotti.
E proprio grazie a questo metodo che Kulesov
ottenne dei risultati strepitosi: tratti psicologici dei personaggi
incredibilmente nitidi, narrazione claustrofobica, ingegno nella costruzione
ridotta del racconto di London e stile registico in grande spolvero.
Dura Lex fu in sostanza una reinterpretazione
sovietica di un episodio storico del West: la corsa all’oro.
Tuttavia non può considerarsi di certo un western
classico (non vi sono buoni né cattivi), bensì uno psicodramma minimale che in
un'oretta abbondante riuscì a costruire un episodio efficace incentrato
sull’avida corsa all’oro nel Klondyke.
La trama vedeva cinque cercatori d’oro dello Yukon
che si ritrovavano coinvolti in un vortice di follia quando uno di loro uccise
due dei suoi compagni. I sopravvissuti alla furia omicida, marito e moglie,
riuscirono a bloccare l’uomo, ma a causa delle condizioni atmosferiche furono
costretti a rimanere isolati in attesa che le autorità competenti giudicassero
il reato. Alla fine, esausti, decisero però di sottoporre loro stessi il
compagno a processo impiccandolo ad un albero...
Le caratteristiche psicologiche nitide di cui
accennavo prima furono palpabili attraverso i frequenti primi piani dei
protagonisti (straordinaria la Choclova) e l’ambientazione divenne altamente
claustrofobica quando nella storia gli attori rimasero chiusi tra le mura della
casetta allagata dove si consumò poi il dramma finale.
L'ermetica sceneggiatura di Victor Sklovskij
riuscì a tratteggiare un tagliente microcosmo in cui personaggi confusi ed
incoerenti si dimenavano blaterando anarchicamente di legge e giustizia.
Lo sperimentalismo anticipatore di Kulesov
potenziò il dramma attraverso una geniale costruzione delle situazioni, un linguaggio
creativo, uno stile unico ed un finale inaspettato e maledetto.
Dura Lex fu un' opera tecnicamente completa e
sbalorditiva, la macchina da presa del cineasta russo risultò eccezionale nel
suo sguardo cinico ed indagatore, riuscì a mettere a nudo con una facilità
disarmante la crudeltà, l'ipocrisia e il disorientamento del borghese
contemporaneo.