Viviamo in un'epoca dove il tempo libero è visto
come un vuoto da colmare a tutti i costi. Non bastano più gli impegni
inevitabili, la burocrazia, il lavoro. No, bisogna riempire ogni singolo
momento con attività, corsi, seminari. Chiamiamo le cose con il proprio nome:
fuga. La vera paura non è il tempo vuoto, ma il silenzio che conduce al
guardarsi dentro. Ecco che si preferisce aggiungere l'ennesimo impegno al
calendario già stracolmo piuttosto che fermarsi un attimo a riflettere. Si
corre da un'attività all'altra come se la vita fosse un progetto aziendale da
ottimizzare. Sì è persa la grande arte del non fare nulla. Quella capacità
preziosa di fermarsi, respirare, esistere semplicemente. Si è sostituito la
contemplazione con il consumo frenetico di esperienze. Il dolce far nulla non è
tempo sprecato, ma un dono prezioso che facciamo a noi stessi. In questi
momenti di apparente inattività, la mente vagabonda liberamente, tessendo
connessioni inaspettate e permettendoci di ascoltare davvero i nostri pensieri
più profondi. È proprio quando ci concediamo di staccare dalla frenesia
quotidiana che spesso emergono le intuizioni più brillanti e ritroviamo la
nostra bussola interiore. Questo "ozio creativo" non è pigrizia, ma
una forma di meditazione spontanea che nutre l'anima e rigenera lo spirito. In
un mondo che ci vuole sempre produttivi, rivendicare questi spazi di
contemplazione diventa un atto di resistenza.