Una donna turca, stanca di ascoltare ogni giorno
un derviscio che gridava per strada: «Qualunque cosa fai, la fai a te
stesso», si mise in testa di provargli che quanto andava dicendo non era vero.
Insieme alla farina che stava impastando mise un bel
po’ di arsenico, fece delle belle focaccine e gliele diede. Il derviscio,
non avendo fame, non le mangiò subito, ma le mise nella borsa che portava
appesa al collo, e proseguì gridando sempre la stessa cosa. Camminando e
gridando così per la città, arrivò davanti al negozio del marito della donna;
intanto mangiava un dolce che qualcun altro gli aveva regalato. Il figlio della
donna, capitato per caso nel negozio, vedendolo si mise a piangere e a
insistere con il padre perché chiedesse al derviscio un po’ del dolce
che stava mangiando. Il padre, desiderando accontentare il bimbo, chiamò
il derviscio e lo pregò di dargli un po’ di dolce. Il derviscio vedendo
piangere il bambino e sapendo di avere altri dolciumi, ficcò la mano nella
borsa, e invece di prendere un pezzo di dolce, tirò fuori una focaccia intera,
proprio quella che gli aveva dato la madre del bambino. Dopo aver preso
dall’uomo un paio di monete come ricompensa, il derviscio proseguì il
suo cammino, e il padre, spezzando la focaccia, ne diede un pezzetto al figlio.
Il bambino, però, ebbe appena il tempo di mandar giù qualche boccone, che
iniziò a dimenarsi e a gemere per i dolori alla pancia. In tutta fretta, il
padre lo avvolse nella sua giacca di montone e lo portò a casa, dove il
poverino spirò.
Quando il turco raccontò alla moglie che aveva preso
dal derviscio una focaccia e gliela mostrò, la donna si convinse che
le parole gridate dal derviscio erano la verità:
Qualunque cosa fai, la fai a te stesso!
Fiabe dei Balcani, a cura di Aleksandra Šućur,
Einaudi, Torino, 2000.