Süss l'ebreo (Jud Süß) è un film di propaganda nazionalsocialista diretto da Veit Harlan, fu una delle pellicole preferite di Heinrich Himmler.
Il lungometraggio di Harlan prende
spunto dalla vicenda di Joseph Süß Oppenheimer, un finanziere di origine
ebraica che visse nel ducato del Württemberg nel ‘700.
Nel film si narra la storia di questo
tranquillo paesino tedesco nel quale un ebreo di nome Süss tenta di ingannare i
suoi concittadini germanici attraverso un sistema di prestiti e conseguenti
debiti di talleri verso il Duca. Pian piano egli diviene ministro delle finanze
e la situazione degenera.
La trama dell'opera assomiglia al Faust
di Goethe (con le dovute proporzioni qualitative) in chiave propagandistica,
dove Faust è Suss, Mefistofele è la cultura ebraica, Gretchen è Dorothea e
l'Arcangelo è la volontà "pura" del popolo del Wurttemberg, impavido
nel ristabilire ordine, moralità e pulizia in una società avvelenata
dall’avidità di potere di Opphenaimer.
Dal punto di vista filmico, il lavoro di
Harlan e i suoi collaboratori fu davvero impeccabile, montaggio, fotografia,
colonne sonore, costumi, attori e sceneggiatura straordinari.
Tuttavia, nonostante il valore del film,
pesò la macchia propagandistica “antisemita”.
Ma trattasi davvero di un film così pericoloso? Proviamo a capirlo.
Innanzitutto bisogna cominciare a
comprendere cosa significa la parola antisemitismo.
I “semiti” sono una famiglia di popoli che si è diffusa fra il Mediterraneo e l'Arabia meridionale, per poi estendersi anche nel Nordafrica, mentre l’aggettivo “semitico” corrisponde alla famiglia linguistica corrispondente. Pertanto l’accostamento che oggi si fa di questi due termini con “ebreo” ed “ebraico” è errato. Ne consegue che antisemita = antiebraico non è corretto, poiché il temine antisemita dovrebbe indicare l’ostilità totale verso l’intera famiglia semitica che oggi trova la sua componente più numerosa nelle popolazioni di lingua araba.
Detto ciò, il film non è certamente così
macabro come lo si descrive considerando che non vi è una sostanziale
differenza tra il lavoro di Harlan e “Il Mercante di Venezia” di
Shakespeare, ritenuto all’unanimità un capolavoro mondiale, dove l’ebreo
Shylock fu dipinto in maniera ancora più perfida rispetto a Suss.
Certo, chiaramente la difformità sta
nell’utilizzo che si è fatto della pellicola in questione, dal momento che fu
il più grande successo cinematografico della propaganda di Goebbels.
Ed è proprio questo il punto, l’ NSDAP
utilizzò reali aspetti culturali, per estrarne un messaggio finalizzato a
condizionare la coscienza del popolo tedesco durante la seconda guerra
mondiale.
Ai tempi di Hitler, i documentari di propaganda mostravano come tutte le posizioni più rilevanti della società fossero occupate da ebrei, si creò così nella gente un sentimento di frustrazione nel momento in cui gli venne mostrata questa sopraffazione, ci si convinse che il popolo tedesco fosse alla mercé di un potere occulto e che il comunismo marxista (da Marx a Trotzky ) fosse una minaccia, anch'esso di derivazione ebraica.
La questione fondamentale però da porsi
è questa: come mai nella storia si è ripresentato più volte il “problema
ebraico”?
Le spiegazioni che si potrebbero dare a una domanda del genere sono molteplici ma partiamo da alcune basi.
Gli ebrei non costituiscono:
- una comunità religiosa (esistono
difatti ebrei atei, agnostici, giudei, ortodossi, ebrei convertiti ad altro
ecc)
- un gruppo nazionale (abbiamo ebrei israeliani, americani, russi, francesi,
italiani ecc.)
- un gruppo linguistico (parlano inglese, francese, tedesco ecc), gli unici che
parlano una lingua semitica sono quelli trasferitesi in Palestina.
- e soprattutto non sono una razza (troviamo ebrei bianchi, neri, gialli).
Ecco che dunque il “problema” entra in
sfere più complesse.
Bisogna comprendere come questa “unità” abbia conservato nei secoli un' attitudine precisa verso funzioni sociali ed economiche molto particolari, come sia possibile che una percentuale così bassa dell’umanità sia sempre riuscita ad insediarsi nelle posizioni alte della società ed abbia spesso mostrato determinate caratteristiche, come per esempio la spiccata intelligenza in senso critico-matematico o le notevoli capacità commerciali ed economiche.
Per entrare nel cuore di tutto questo
bisogna per forza di cose muoversi oltre il tangibile, attraverso il gioco
delle azioni e reazioni concordanti, di cause ed effetti, ma al di là di
orizzonti ristretti e materialistici.
Ogni qualvolta un effetto sopravanza e trascende le sue cause tangibili, ci si
deve proiettare in una dimensione tridimensionale della storia per comprendere
cosa rappresentano determinate ideologie sociali, politiche o religiose.
Esiste una relazione bidirezionale che
regola la vita politica e la spiritualità.
L’ebreo come razza antropologica non
esiste, bensì esiste come forma spirituale che ha dei caratteri dominanti.
Chi è interessato all’argomento può
cominciare a studiare i fondamenti teologici della Torah, dello Zohar ed il
Talmud. Letture complesse che richiedono tanto tempo e formazione.
Ma torniamo al film di Veit Harlan, che giustamente uscì innocente dal processo
di Norimberga.
Prima abbiamo citato lo Shylock di
Shakespeare, ma è pieno di esempi simili sia della storia recente che non.
Facciamone giusto qualcuno,
F.Dostojevsky ne “I Demoni” dipinse in un determinato modo l’ebreo
Ljàmsin, ne “Diario di uno scrittore” attaccava con furore il potere
internazionale ebraico, e ne ”I Fratelli Karamazov” poi non mancano altri
riferimenti.
Ma se si analizzano le opere di altri grandissimi autori, riconosciuti
all’unanimità, è davvero pieno di rimandi, da Tolstoj che in "Guerra
e Pace" fa comparire ebrei in qualità di trafficanti e usurai, in
Gogol che in "Taras Bul'ba" dipinge l'ebreo Jankel come un
prestatore di denaro, le lettere antisemite di Thomas Elliot, la cena dei
Daudet descritta da Proust, la Divina Commedia di Dante, dai pamphlet terribili
di Celinè (l’apice irraggiungibile dell’antiebraismo).
Ma non solo, Voltaire spese delle parole
tremende, così come Martin Lutero (che viene anche citato nel film tramite
alcuni versetti), gli anarchici Bakunin e Proudhon idem, stessa cosa dicasi per
Napoleone, Cicerone, Tertulliano, Tacito, Orazio, Maometto sino a giungere
all’epoca A.C con Diodoro o con le civiltà egizie.
Vi sono dunque inclinazioni precise, documentate storicamente, pertanto sorge la necessità di navigare tra storia, metastoria, leggi di natura, leggi metafisiche per una comprensione reale di questo fenomeno.
Quel che ha rappresentato la cultura
ebraica da millenni è da un lato argomento di studio serio e complesso,
dall’altro una tematica molto pericolosa poiché la presa di coscienza di
determinate tendenze e caratteristiche può spesso far sfociare nell’astio.
D’altronde il fanatismo, incline a
vedere dappertutto l’ebreo come il deus ex machina è una posizione
banale.
Smuovere le masse rimanendo in superficie di questioni metastoriche, così come è stato fatto più volte in passato, ha creato, come sappiamo, violenza e distruzione.
E' necessario invece inquadrare un più
vasto ordine di cause, prenderne coscienza e comprendere davvero un popolo
antichissimo, certamente meritevole di rispetto con i suoi pregi e difetti.