Ciao Federico, abbiamo letto volentieri il tuo ultimo libro. Al
suo interno hai già specificato le ragioni per cui hai deciso di scriverlo,
pertanto saltiamo la domanda di rito e cominciamo dal nuovo brano omonimo
“Questo mondo non basta”. Canti “La forza di volontà è una questione di testa e
di cuore di lacrime di buon umore”, non credi che paradossalmente la situazione
politica attuale possa divenire l'input per rafforzare proprio le qualità di
cui parli?
Se
analizzassimo l’attuale situazione politica italiana, ancor prima che quella
europea, da una prospettiva teorica, ti risponderei che in fondo non tutti i
mali vengono per nuocere. Sul piano pratico, però, la disgregazione in atto,
scientifica e pianificata, del tessuto sociale italiano e di quel poco che
resta di un carattere nazionale non avrà grosse conseguenze. In Italia non
esiste alcuna propensione, tendenza spontanea al cambiamento dal basso.
Inoltre, bisogna partire dal presupposto che la furbizia di chi governa
permette di colpire duramente aspetti della vita di ognuno, benessere reale e
concreto, che tutti noi non avvertiamo direttamente, immediatamente,
lucidamente. La contingenza, quello che poi interessa al cittadino medio, è più
o meno salva (anche se fortemente intaccata) a discapito di interventi
strutturali che pagheremo in maniera irrimediabile nel tempo. È una sorta di
punto di non ritorno che sfugge ai più.
In fondo, parliamoci chiaro, alla moltitudine interessa continuare a
comprarsi un SUV a 800 rate piuttosto che sapere di non avere più un posto a
disposizione, nel caso servisse, in un ospedale pubblico. L’uomo medio ragiona
così: oggi la televisione tridimensionale per il sollazzo della famigliola o
domani un’Università accessibile per mio figlio? Meglio la prima. Sia chiaro: io
non dico che non si pensi del tutto ai veri problemi. La mentalità, però, è del
tipo: “oggi è così, domani vedremo. Tanto, poi, perché mai dovrei avere bisogno
della sanità pubblica? Ho sempre goduto di ottima salute!”. Questo genere di
menefreghismo, egoismo e qualunquismo, unito all’intelligenza diabolica
dell’economia che si è letteralmente ingoiata la politica, permette di poter
distruggere tutte le strutture sociali senza che si scateni una reazione dal
basso. L’unica via di fuga è tornare alla politica. Quella che piega l’economia
a proprio piacimento. Che poi, nell’ordine naturale delle cose, è il nostro
piacimento; quello della comunità, della nazione. Non sto parlando di miraggi,
oasi nel deserto o politiche lunari. Piuttosto di realtà possibili e che sono
sempre state considerate “normali”, ordinarie. Almeno in Europa. Oggi potrei
parlare della Russia. Potrei, più semplicemente, tirare in ballo anche politici
italiani con senso dello stato e dignità come Bettino Craxi. Guardacaso, almeno
qui in Italia, proprio il tipo di politico additato come responsabile del
“presunto” disastro che sta vivendo la nostra economia. Un mare di bugie.
Spread su, borse giù, stasera si muore. Idiozie di un’economia che non esiste.
Invenzioni, senza alcun fondamento reale, buone per mantenere la gente sul filo
del terrore. Ogni giorno. In modo, così, da farle accettare ogni tipo di
sacrificio economico e sociale di tipo “strutturale”. La fandonia economista di
questi bankster, padroni incontrastati del nuovo millennio, è una barzelletta
buona per i manicomi.
La tua musica non si è mai ridotta al filone contestatorio,
bensì ha sempre trasmesso i valori in cui credevi, attraverso storie di eroi
del passato, tragedie ed esprimendo le sensazioni scaturite dall'epoca in cui vivi.
Puoi dirti soddisfatto del tuo percorso artistico?
Quello
che dici in merito al filone contestatorio è assolutamente corretto.
Personalmente ho sempre inteso la musica come uno strumento positivo,
propositivo. Tra le pagine di “Questo mondo non basta”, invece, mi sono un po’
allargato. Una delle ragioni di questa scelta è data dalla natura stessa della
forma “canzone”: per quanto contestare sia apparentemente facile, riuscire a
farlo in pochissimi minuti e con una metrica precisa non lo è affatto. Il rischio
letale di rimanere banalmente sulla superficie delle cose è alto. Ovviamente,
esistono tantissimi esempi che mi smentiscono. Uno su tutti, “Come mai” dei
SottoFasciaSemplice. Un vero capolavoro… quando ascolto questa canzone penso
che mi sarebbe piaciuto scriverla io! Come detto, però, io ho una naturale
propensione a comporre in positivo. Non è sempre una scelta. È la a cosa che mi
viene più spontanea. Inoltre non bisogna pensare che le due cose siano molto
distanti: proporre dei modelli positivi è una forma di profonda contestazione.
Magari più nascosta e meno ovvia, meno diretta. Ma rappresenta l’idea stessa di
un’elite che con il sacrificio, con lo stile, con la forza, la bellezza
annichilisce la mediocrità che la circonda e offre gli strumenti, ai
volenterosi, di ispirarsi ad essa e migliorarsi. Riguardo al mio percorso
artistico, invece, posso ritenermi assolutamente soddisfatto. In questi anni ho
realizzato tutto quello che mi ero prefissato. E non è ancora finita. Ho avuto
la fortuna di collaborare con un musicista come Fabio Constantinescu che con la
sua bravura ha reso possibile tutto questo. Gliene sarò sempre grato. In questi
anni ho fatto tanto. Suonato, inciso, cantato per migliaia di ore. La RTP ha
creduto fin dall’inizio, mi ha sostenuto e mi ha fornito un supporto
fondamentale. Più di così non avrei potuto fare, fisicamente. In fondo, non
bisogna dimenticarlo, questo non è un lavoro! Sono un dilettante, un appassionato.
Un dopolavorista!
Il tuo primo pezzo in assoluto “Siamo Solo Cuore”, oltre ad
avere un testo emozionante, è secondo noi una fotografia perfetta del tuo
slancio iniziale che ti ha poi portato a diventare uno degli artisti più
apprezzati nel tuo ambito. Hai in programma una nuova incisione per questo
storico brano?
“Siamo
solo cuore” è una canzone alla quale sono molto legato per ragioni personali.
Quello che dici mi stupisce positivamente perché, in effetti, quello che sta dietro al brano è proprio
sintesi dell’energia, della naturalezza e della motivazione iniziali.
Purtroppo, la canzone soffre di un arrangiamento che aveva ridotto, e di molto,
la spontaneità e la forza originaria. Per questa ragione, l’ho sempre
considerato un brano maltrattato che avrebbe meritato qualcosa di meglio:
solitamente non mi capita, ma con questa canzone, invece, spesso mi viene in
mente proprio l’idea di farne una nuova versione. Chissà…
Il tuo attuale ultimo disco Armilustri Absinthium ha segnato un
ulteriore maturazione , uno dei pezzi che più abbiamo apprezzato è stato il
conclusivo “La spada”. Una strepitosa e breve poesia fuori tempo. Puoi dirci
qualcosa in merito?
“La
spada” non è che la sintesi della via marziale. Uno dei più importanti
insegnamenti che ho ricevuto dal kendo, la scherma giapponese, chiude questo
brano: la strada per la perfezione, la strada per la serenità, passa
inevitabilmente dall’abbandono del superfluo. Per crescere bisogna
alleggerirsi. Per stare meglio bisogna potare i rami secchi e inutili. La spada
ti insegna questo: lascia a casa i problemi, lascia a casa la mente, lascia a
casa i tecnicismi accademici, i trucchi dell’agonista… Solo così il taglio sarà
efficace. Questa è la spada. La spada è metafora simmetrica della vita. Ciò
significa che il miglioramento passa dal prendersi cura della sostanza delle
cose lasciando sulla strada il superfluo. Se vuoi raggiungere una cima in
montagna, per fare un esempio, non devi preoccuparti di comprare lo zaino
firmato o la scarpa tecnica. Puoi farlo, ma non devi limitarti a questo
diventandone schiavo. Devi mirare al centro, al cuore delle cose. Concentrarti
e mettere a fuoco. Se manchi tu, nello spirito, nei polmoni, nelle gambe, nella
fatica, nella sostanza, non ci sarà zaino leggero o materiale tecnico a farti
salire. Questo vale in ogni cosa. Tutti avvertiamo un senso di leggerezza e di
serenità quando riusciamo, anche solo per un istante, a rinunciare al superfluo
che ci circonda. È l’impresa più grande. Più difficile. Ci riusciamo
difficilmente ma dobbiamo provarci. “La spada” si chiude così: da un blocco informe
di marmo il modo per ottenere la bellezza di una statua non è aggiungere
materia ma toglierla con lo scalpello.
I tuoi brani sono molto “celebri” in rete, volendo negli anni
avresti potuto virare verso una popolarità maggiore, invece hai scelto di rimanere
coerente e limpido con la tua proposta. Quanto è importante per un artista oggi
avere la completa libertà di espressione? Sembra interessi a pochi oramai..
Il
destino di un uomo è una cosa strana perché è un impasto di scelte e di
inevitabilità. La cosa più importante è non limitarsi a guardare la seconda
componente: in questo modo, altrimenti, la vita diventa un’immobile
accettazione degli eventi da parte di chi non fa nulla per cambiare le cose e
costruirsi un futuro a sua immagine. Bisogna fare di tutto, invece, prima che
l’inevitabile si presenti. Il destino, almeno in parte, resta una nostra
costruzione. Anni fa ho fatto delle scelte. Ad essere sincero non posso dire
che se ne avessi fatte delle altre, musicalmente più commerciali, le cose sarebbero
andate bene. Come ho già detto, oggi la musica non mi dà nulla in termini
economici ma rende tutto, proprio tutto, sotto altre forme. Purtroppo oggi
l’uomo è abituato, quasi costretto, a considerare la qualità delle cose
esclusivamente dalla forma e resa economica. In questo, non c’è che dire, 12
anni di Skoll sono stati un bel fallimento! Il mio destino musicale, comunque,
ha rispettato pienamente le sue “componenti”: “scegliere” un percorso di
assoluta libertà espressiva e pagarne “inevitabilmente” le conseguenze di
impopolarità.
Hai in programma un nuovo disco?
Sì.
L’ho già scritto tutto. I tempi, però, non saranno brevi perché bisognerà
studiare bene gli arrangiamenti e dovremo curare attentamente le varie fasi
della produzione. Un disco, se fatto come si deve, ha tempi abbastanza lunghi.
In più, non potendo dedicargli l’intera giornata a causa del lavoro, io, Fabio
e Davide dobbiamo lavorarci di notte o nei ritagli di tempo. Ci vorrà qualche
mese. Sarà un disco rock e sarà, credo e spero, la massima espressione
dell’epica che in questi anni ho rincorso tra personaggi storici e grandi
imprese. Non svelo i temi delle singole canzoni ma questa mia ottava produzione
sarà nuovamente una sorta di concept album. La tematica, in risposta ai
miserabili tempi che stiamo vivendo, sarà l’Italia.
Nell’ultimo capitolo del tuo libro citi il film Gattaca e la
scena in cui Vincent batte il fratello a nuoto per mettere in risalto la
metafora del superamento di sé. Nessun razionalista moderno può spiegare la vera
forza interiore dell’uomo… “questo mondo non basta”?
In
questo senso non saprei darti una vera e propria risposta. Io credo che l’uomo
sia un essere enormemente sottovalutato dal punto di vista spirituale. Le potenzialità dell’uomo sono enormi quando
la volontà costringe l’intelletto a superare il senso di sopravvivenza
dell’ordinario. Ci sono innumerevoli
esempi che lo provano. Vincent batte il fratello perché se ne frega della
sopravvivenza proprio mentre l’altro, fisicamente perfetto, lascia che il cervello
con le sue paure tenga i giri del motore in una zona di sicurezza. Le grandi
imprese sono figlie del superamento dell’ordinario. È inevitabile. Non
c’entrano le religioni. È un fatto umano e di questo mondo. A meno che non si
creda, come credo io, che ciò che l’uomo chiama Dio sia dentro ogni atomo
dell’universo. Uomo compreso.