Cupissima visione di Von Trier.
La situazione della razza umana non è che sia così
incoraggiante, i cicli vichiani lasciano i tempi che perdono… “il caos
regna", verità facilmente confutabile se pensiamo che perfino Spinoza
disse che è impossibile che l'uomo non sia parte della natura e possa non
subire altri mutamenti diversi da quelli che si possono conoscere mediante la
sua sola natura e dei quali egli è causa adeguata.
La potenza, mediante la quale le cose singole, e
quindi l'uomo, conservano il loro essere, è la potenza stessa di Dio / Satana e
quindi della natura, non in quanto è infinita, ma in quanto è il tutto, quindi
la potenza dell'uomo in quanto si esplica mediante la sua essenza attuale, è
parte dell'infinita potenza, cioè dell'essenza di Dio, ossia della natura.
La protagonista dice:
"La
natura è il tempio di satana"
Questo è il fulcro dell'opera, la natura vista
come esito puramente malvagio e l'atto sessuale, che è uno dei momenti clou nel
quale questa natura animale ed umana si esplica, è impura senza se e senza ma,
il piacere sessuale stesso si origina da fantasie che sono violente,
raccapriccianti, grottesche, oblique, direi folli per non dire fantasiose, la
protagonista si taglia il clitoride per espiare (lascia di fatto cadere il
figlio proprio al culmine dell'orgasmo).
Come diceva anche il primo Freud, ci sono forze pulsionali che sono al servizio
della morte, non solo della vita. Queste pulsioni di morte, la cui meta è la
soppressione di ogni tensione energetica e il ripristino di uno stato
inorganico, il drammatico dualismo tra vita e morte, hanno un carattere
regressivo, ovvero la tendenza a ripristinare uno stato anteriore.
La scoperta di questo carattere regressivo della
pulsione, insieme all'individuazione delle pulsioni di morte spinse Freud a
formulare una paradossale concezione monistica secondo la quale tutte le
pulsioni che operano nella vita umana sono pulsioni di morte.
Queste pulsioni sono perciò destinate a dare la falsa impressione di essere
forze che tendono al cambiamento ed al progresso, mentre, in realtà, esse
cercano semplicemente di raggiungere un’ antica meta seguendo vie ora vecchie,
ora nuove, ogni cosa che vive muore per cause interne, tornando allo stato
inorganico. Allora bisogna anche avere il coraggio di dire come fecero sia
Freud che Lacan che " la meta di ogni vita è la morte e nient'altro".
In questo quadro alle pulsioni di auto conservazione viene assegnato il compito
di garantire all'organismo il suo cammino verso la morte, l'organismo desidera
inconsciamente solo di morire a modo suo.
Oltre il dualismo vita / morte, Von Trier analizza il dualismo
maschile/femminile; solamente facendo fuori la parte femminile il protagonista
nelle battute finali torna in pace col mondo, in quanto ha superato il
dualismo, l'apollineo si è disfatto del dionisiaco, ha imparato a provocare
dolore, il dualismo si è risolto. Dafoe ora uomo libero le dà fuoco come si
faceva con le fattucchiere.
Così quando l'esercito femminista di donne senza
volto, streghe giustiziate al rogo colpevoli di tentare di sovvertire
"l'ordine divino delle cose" (oggi più che mai in epoca di
deregolamentazioni e di neoliberismo giacobino femminista massonico), viene giù
dalla collina, Dafoe ci passa attraverso con lo sguardo e quasi non fa più caso
a loro, quasi come un castrato, quasi come se si sia davvero liberato.
"A questo buio dentro noi femmineo e
la luce del giorno disastro"