I Canaan
sono una band italiana dalle svariate influenze musicali che vanno dalla darkwave all’ambient. Nascono nel gennaio del 1996 dalle ceneri
dei Ras Algethi, il loro stile è caratterizzato dalla cupezza e dalla
malinconia delle composizioni. Abbiamo incontrato Mauro Berchi, leader e
proprietario della Eibon Records.
Ciao Mauro, innanzitutto benvenuto e grazie per la tua
disponibilità.
Grazie a voi per l'interesse e per lo spazio che ci
dedicate.
E’ da poco uscito il doppio cd “Of Prisoners Wandering Souls and Cruel
Fears”, un lavoro forse meno immediato rispetto alle produzioni
passate ma decisamente maturo. Le prime novità che saltano all’orecchio dopo un
ascolto sono la produzione più caotica e meno nitida rispetto al passato e i
duetti con la vocalist femminile. Due scelte che si son rivelate azzeccate nel
risultato finale. Come sempre il disco è molto valido, ce lo introdurresti a
livello concettuale?
Il mondo dipinto nel disco è un mondo “psicologico/immaginario”
pericoloso, popolato da una serie di entità malevole, il cui scopo è
destabilizzare, infastidire, ingombrare. Le anime erranti (per scelta o per
costrizione) che si trovano a vagare in questo spazio devono fare i conti con
una costante mancanza di tranquillità e con la paura. Ogni riferimento alla mia
situazione personale è puramente voluta. Cosi' come voluto è il “caos” nella
produzione e nella scelta dei suoni. “Of prisoners, wandering souls and cruel
fears” è un disco malsano e dall'anima doom (non necessariamente metal,
sia chiaro) e una produzione cristallina come quella che scegliemmo ad esempio
per “Contro.luce” non sarebbe stata adeguata. Abbiamo pertanto scelto di
sacrificare la pulizia a favore di un impatto più grezzo e ruvido.
La seconda parte “Prisoners” è interamente
Ambient, nonostante non siate un progetto dedito soltanto al Dark Ambient,
avete dimostrato di saper trasmettere oscurità meglio delle miriadi di band che
saltano fuori come funghi in questo ambito. Come mai la scelta ricorrente della
tematica della prigionia?
Nel secondo disco, le “personcine brutte e
cattive” alle quali sono dedicati i brani del primo disco scoprono che non
importa quanto tu ti ritenga (o sia) effettivamente malvagio, finirai comunque
per trovare qualcuno peggio di te. Le prospettive si invertono, le canzoni
mutano forma (pur esistendo similitudini profonde tra le corrispondenti tracce
dei due dischi) e si apre un secondo mondo parallelo al primo. Cambiano gli
attori, ma rimane immutato il senso di smarrimento e la coscienza di essere
prigionieri – di sé stessi, dei propri pensieri, delle cose, delle persone,
delle situazioni, di tutto quello con cui si entra in contatto.
Sinceramente, uno dei pochi aspetti
“negativi” che abbiamo riscontrato in “Of
Prisoners Wandering Souls and Cruel Fears” è la scelta del ritorno ai testi
completamente in inglese. Troviamo che il punto di forza di Controluce fosse proprio la scelta dell’
Italiano. Con la vostra lingua madre, le atmosfere malinconiche da voi create
facevano davvero un salto di qualità notevole. E’ ovviamente solo il nostro
punto di vista, come mai avete optato nuovamente per l’inglese?
Per nessuna ragione in particolare. Siamo
impulsivi nello scrivere e nel comporre, e in buona sostanza è semplicemente
accaduto che i nuovi testi fossero in inglese. Non ho idea di cosa succederà
con il prossimo disco, e la cosa è stimolante.
Quando riascolti un disco di Caanan dopo
averlo inciso, quali sono le tue sensazioni? Specialmente a distanza di anni,
ad esempio se oggi riascoltassi Blue Fire?
Ho un rapporto molto conflittuale con quello
che facciamo. Solitamente provo ribrezzo, altre volte inspiegabile ammirazione,
raramente indifferenza. Tendo comunque a sentire molto più le imperfezioni
degli elementi positivi, e questo influisce sui miei ascolti in modo
determinante. Non sono mai stato un fan di me stesso come persona, e di
conseguenza non lo sono della musica CANAAN, che ho sempre utilizzato e
continuo ad utilizzare come una valvola di sfogo per le mie paranoie assortite
più che come un “divertimento” o un “passatempo”. Dal momento che riverso in
quello che suono una parte di quello che mi avvelena l'anima, penso sia
comprensibile il mio rapporto intricato con esso. Nello specifico, attraverso
momenti nei quali non riesco ad ascoltare null'altro che i nostri dischi, altri
nei quali solo vederli mi fa venire da vomitare......
In passato hai affermato che i dischi di
CANAAN hanno una funzione terapeutica nella tua vita. Ci è venuto spontaneo
fare un parallelo con il grande scrittore rumeno Emil Cioran, che a fronte di
sensazioni molto simili a quelle che descrivete nei vostri testi, utilizzava la
scrittura come terapia, come una liberazione dei propri tormenti che una volta
pubblicati lo alleggerivano. Mi confermi questa sensazione? Conosci l’opera di
Cioran o non vi siete mai “incontrati”?
Conosco Cioran (decisamente una persona non
proprio serena neppure lui, alla quale mi lega anche l'insonnia.........), che
non leggo però da tempo vista anche la ponderosità delle sue opere. Trovo che
la situazione descritta si adatti alla perfezione anche al mio caso: il
processo di espellere un pensiero secondo un metodo creativo qualsiasi (musica,
poesia, scultura, pittura, bricolage, quello che volete) è di per se stesso
purificatore. Per quanto piccolo, toglie un peso dall'anima e aiuta – almeno
per un momento – a sentirsi più leggeri e distratti nel senso positivo del termine.
Trovo poi affascinante che quello che si crea cominci a vivere di vita propria
una volta “cristallizzato” in una qualche forma; a distanza di anni può essere
interessante andare a “riguardare il mondo” attraverso i propri stessi occhi –
a volte si scoprono cose piuttosto intriganti.
Hai dichiarato che il nome Caanan deriva da
un brano degli Amon Duul. Quanto è stata importante per te musicalmente la band
tedesca?
Quando ero ragazzino ascoltavo molto Phallus
Dei, disco che ai tempi mi colpi' per l'apparente “casualità” dei brani, che mi
sembravano molto più caotici di quanto in realtà non siano. Crescendo ho
accantonato gli Amon Duul II e sono passato ad altro, ma quel titolo mi è
sempre rimasto in testa, e quando ho dovuto pensare ad un nome per il gruppo,
non ho dovuto penare troppo.....
Tasto dolente. Come va la tua Eibon Records
nell’epoca del download? Oggi più che mai riuscire a vivere solamente delle
proprie passioni sta divenendo sempre più complesso, specialmente per chi è
artisticamente “puro”…
Seguitemi un attimo. Scaricamento mp3 =
accesso immediato e facile alla musica = allargamento base ascoltatori. Se come
credo questa equivalenza è corretta, sarebbe altrettanto corretto presumere che
– semplicemente per una questione statistica – le vendite crescano. Invece
succede proprio l'opposto. E questo significa che c'è qualcosa di errato, di
profondamente SBAGLIATO. Quello che trovo preoccupante non è tanto lo scaricare
in se (potente strumento di indagine e di scoperta) quanto il fatto che esso ha
ormai spostato la precezione stessa della musica: essa non è più un
qualcosa DEGNO di una forma fisica quanto piuttosto un complemento, un
riempimento intangibile che finisce su un hard disk senza forma, senza corpo,
senza sostanza. Una scoreggia digitale, in un merdaio digitale nel quale è
tutto mischiato senza senso. Non riesco veramente a comprendere come si possa
paragonare un file con l'esperienza tattile, olfattiva, “affettiva” di
rapportarsi ad un oggetto fisico. Sarà perchè sono un vecchio rincoglionito
legato ancora a vinili e cassette, ma va proprio al di là della mia
comprensione. Questo preambolo per dire che l'etichetta è attualmente “sotto ad
un treno”; a causa delle vendite ridicole è tornata ad essere nulla più di un
hobby, che seguo ancora con amore e dedizione, ma che come un amante che ti
rifiuta, a lungo andare comincia a perdere fascino.
Un altro step della vostra carriera è “The unsaid words”, cosa puoi dirci della bellissima “Senza una risposta”? Come è nato questo pezzo?
“Senza una risposta” è uno
dei brani che avevamo concepito e pensato apposta per Gianni. Glielo abbiamo
letteralmente cucito addosso, pensandolo ed arrangiandolo appositamente per la
sua voce, ed il risultato è stato soddisfacente per entrambe le parti.
Se non andiamo errato in “The unsaid words” c’è stata la collaborazione
dell’ottimo Gianni
Pedretti di Colloquio.
Quanto è stato importante il suo
apporto?
La collaborazione con lui
era iniziata nel 2002 – cantò nei due brani in italiano di “A calling to
weakness”. Sono legato a Gianni da una amicizia ultra decennale e da un
rispetto profondo per la persona, per l'artista e per il cantante, e posso dire
che è stato un vero onore poter lavorare con lui. Il suo apporto è stato
fondamentale in tutti i brani nei quali è stato presente, dei quali molto
spesso ha anche scritto i testi. Decisamente un Grande, con la “g” maiuscola.
E il progetto Neronoia come procede? E’
previsto un nuovo lavoro in futuro?
Al momento non ci sono piani per un nuovo disco.
Personalmente mi piacerebbe molto concretizzarlo, ma non sono sicuro che
riusciremo a far combaciare tutti gli elementi e superare gli ostacoli – il
primo e più pesante dei quali è la distanza fisica che ci separa. Comunque, mai
dire mai.
Ultima domanda prima di salutarci. Hai mai
pensato all’idea di trasporre le tematiche di Caanan in altri ambiti artistici?
Ad esempio, nella pittura, lasciando che la tua creatività esploda in maniera
anarchica su carta. Oppure girando un cortometraggio cinematografico… potrebbe
saltare fuori qualcosa di eccezionale.
L'idea mi è venuta, ma non sono granchè come pittore – me la cavo
molto meglio con un mouse che non con pennelli e colori. Per quanto mi riguarda
poi, comporre, suonare, registrare, scrivere, fare grafiche e scattare
fotografie mi è sufficiente per tenermi “tranquillo” e non sento altre
necessità o velleità “artistiche”. Per quanto riguarda il cinema, pur
apprezzandolo, non ne sono un grande amante: trovo che lasci meno spazio
all'immaginazione rispetto ad esempio a musica e letteratura. A dire il vero
sto carezzando l'idea di scrivere un romanzo, ma non so bene se porterò mai a
termine questa utopia.
Grazie Mauro per il tempo
dedicatoci, un caro saluto. A te l’ultima parola.
Grazia a
voi. NOTHING : NEVER : NOWHERE