Intervista Canaan
Etichette
Viviamo nell’epoca delle etichette, siamo in tempi in cui ogni cosa ha già il suo riferimento pronto e confezionato.
Pensi che Israele sia uno stato che negli anni ha violato norme e compiuto massacri di innocenti? Sei un antisemita.
Credi che uomo e donna siano complementari biologicamente? Che non a caso possiedano una morfologia genitale propria (recettiva per la donna, penetrativa per l’uomo)? Che grazie a questa diversità sia possibile procreare nuove forme di vita? Che la complementarietà dell’uomo e la donna, su tutti i livelli, sia indispensabile per crescere un figlio? Sei un omofobo pericoloso.
Pensi che il femminismo e la fantomatica “donna liberata” abbiano danneggiato la donna? Sei un maschilista.
Credi che nel mondo ci siano esseri umani con caratteristiche differenti? Hai una visione differenziatrice della natura umana? Sei un razzista.
Credi che l’uomo non sia uno scimmiotto evoluto, che la teoria di Darwin sia inverosimile? Sei un creazionista fantasioso.
Pensi che l’alfabetizzazione e la cultura siano due cose completamente differenti? Sei un analfabeta funzionale.
Credi che dietro le quinte delle grandi guerre e della storia in generale ci siano scenari occulti? Che i retroscena non siano presenti nei libri di scuola? Che la storia sia scritta sempre dai vincitori e non dai vinti? Sei un revisionista paranoico.
Pensi che la democrazia sia in realtà un’oligarchia mascherata? Hai dei dubbi in merito al fatto che la democrazia sia il miglior sistema che ci sia? Sei un fascista.
Hai dei dubbi sull’entrata improvvisa in politica di Monti, uomo della Trilateral, dell’Aspen Institute e della Goldman Sachs? Pensi possa star facendo gli interessi di privati? Sei un complottista e magari credi anche ai rettiliani.
Pensi che l’economia debba essere in funzione dell’ uomo e non viceversa? Che la finanza non debba assoggettare l’economia reale? Sei un’ idealista ignorante.
Sei convinto che ci sia un buco giuridico nella creazione della moneta, che sia strano che la BCE sia una banca privata? Sei un signoraggista che si informa sul web.
Pensi che il concetto di lavoro come diritto, innalzato a religione sia sintomo di decadenza? Sei un fannullone.
Credi esista una dimensione non manifesta e sovratemporale? Sei un visionario.
Studi le religioni e il sacro? Le religioni sono l’oppio dei popoli. Sei un bigotto.
Credi che l’unico risultato della seconda guerra mondiale sia stato il ridurre l’Europa ad oggetto di potenze e di interessi extraeuropei? Sei fascista e antisemita.
Questi sono solamente alcuni esempi di etichette che vengono affibbiate appena ci si avvicina ad alcune tematiche.
Spinti in questa direzione da una naturale azione imperitura e sovratemporale, progressisti, economisti, analisti, sociologi, psicologi e tutti i disgraziati figli del progresso, sono così sempre in agguato con la pretesa che la loro deviazione, la loro retorica, il loro scientismo dogmatico, diventi regola.
Intervista Egida Aurea
Tra tutti i progetti a cui ho dato la luce, da quando ho iniziato la mia carriera come compositore, Egida Aurea è quello in cui le influenze della mia città, della sua arte e della sua cultura, sono più consistenti.
Col passare del tempo, sono cresciuto grazie ad un intenso studio e ho scoperto la composizione rendendomi conto che avrei potuto dare il mio contributo creativo per il recupero e la conservazione delle pagine più importanti del Centro-Europa e della cultura italiana.
Questo lavoro di "resistenza culturale" iniziata con "Il Segno del Comando" è giunta fino ad oggi in un progresso continuo che mi ha spinto a prendermi cura anche dei testi che sono il risultato diretto della mia analisi di umile studioso di metapolitica, storia, psicologia, antropologia sociale e fenomenologia culturale. In ogni caso una ricostruzione della griglia delle mie influenze culturali e musicali è tutt'altro che facile da fare, poichè è molto variegata ed articolata.
A parte questo, dopo la prima ondata del fenomeno dissoluto comunemente noto come movimento New Age, che ci ha bombardato con tutta una serie di suggestioni spirituali, stiamo assistendo alla espansione di una seconda ondata, in cui vi sono reinterpretazioni di qualche culto esoterico (pseudo) scientifico- visionario spirituale, nuova ufologia e neo-cristianesimo.
Tutto questo, in attesa di una mutazione metafisica che si verifica a causa di una filosofia capace di catalizzare nuovamente le masse.
Pensi che sia meglio un blocco con un paese-leader (ad es. effettivamente potrebbe essere la Russia un leader del movimento eurasiatico ... in passato Roma, la Germania o anche la Francia ha cercato di essere il leader di una Europa unita)? Pensi che la spiritualità sia importante in questa lotta?
Sono d'accordo con le persone che descrivono l'Italia come una terra occupata, priva di ogni sovranità nazionale così come ogni libertà di svolgere la propria funzione naturale geopolitica.
In realtà vale lo stesso discorso per tutta l'Europa, è diventata un'appendice del "blocco occidentale" sotto il pollice di egemonia degli Stati Uniti.
L'idea di unione eurasiatica potrebbe certamente essere un'alternativa allo stato attuale delle cose, ma è una ipotesi che sento ancora troppo lontana.
Il ruolo di una nazione leader consisterebbe nell'essere un catalizzatore per altri paesi verso una unione sovranazionale che sarebbe in grado di sfidare il dominio statunitense.
Penso che attualmente la Russia o la Cina sarebbero gli unici in grado di assumere tale ruolo.
D’altronde abbiamo assistito come negli ultimi decenni, qualsiasi scintilla di vera opposizione al di fuori di questi paesi, sia stata spenta sul nascere e senza esitazioni.
Per rispondere l'ultima parte della tua domanda, devo dire che sono fermamente convinto che ci sia una relazione bidirezionale che regola la guerra e la spiritualità.
Odore di Benzina è una canzone dedicata agli "anni di piombo", e più precisamente a certi eventi che coinvolgono persone che sono morte a causa di incendi dolosi.
Si tratta di un piccolo omaggio alla musica italiana di questi tempi, che pur essendo influenzata dall’ American jazz-rock, ha sviluppato la sua originalità diventando un fenomeno artistico unico e completamente italiano.
La canzone è uno dei primi esperimenti che combina ritmi marziali con colonne sonore di thriller italiani, e in futuro abbiamo intenzione di esplorare ulteriormente questo tipo di alchimia.
L'ho scritta io (inizialmente era stata fatto per il Ballo delle Castagne, ma fu scartata) e Vinz ha contribuito con “note acide” del suo moog.
L'album Derive è una raccolta di nove canzoni, tra cui una strumentale.
Ogni canzone ha una storia a sé, ed ognuna cattura uno dei molteplici aspetti della deriva metafisica che si presenta come una conseguenza della progressiva "perdita di senso" che ci ha portato ad oggi.
Questo è il motivo per cui la contaminazione prog-rock ha avuto un ruolo così importante ultimamente, e ciò e forse anche quel che distingue Egida Aurea dagli altri progetti della scena.
La musica rock ha sicuramente portato un enorme nichilismo, a mio parere ha contribuito più volte alla semina ed alla diffusione di "etats d'esprit" contagiosi e psichici per le masse, che alla fine non si allontanano molto dalle entità che Paolo di Tarso chiamava "Powers Of The Air" (egli era ben consapevole della loro influenza sul substrato emotivo delle persone).
Essendo io stesso completamente "contaminato" dalla cultura rock, la mia generazione è nata e cresciuta così, mi sono spesso chiesto se sarebbe stato possibile trovare alcune scelte culturali ed artistiche, o comportamenti, in grado di proteggere la propria anima da questo scivolamento progressivo verso paludi di dissoluzione.
Alla fine ho provato anche a dedicare quasi interamente il mio lavoro al recupero delle mie radici culturali.
A poco a poco, però, ho notato che la lotta contro ogni condizione di
"Impoverimento" è la strada più sottile (con "impoverimento" intendo la lenta deriva verso una vita interiore che diventa lentamente più povera, lontana da qualsiasi senso morale o qualsiasi disciplina superiore).
Ho scelto di partecipare a questa corrente artistica (elettronica, industriale, neofolk) solo perché la considero un’ avanguardia culturale in grado di fornire una resistenza attiva alternativa alla musica di oggi governata da élite.
Mi spiego meglio, se noi ci fermiamo ad un analisi sulla sfera simbolica per valutare solo gli effetti della dissoluzione delle nostre vite interiori, rischiamo di commettere un errore, ho visto molte volte persone (artisti, studiosi e persone della scena) che parlavano di tradizione, di valori e di lotta contro la globalizzazione. Li ho visti recuperare il patrimonio culturale e l'iconografia, rifiutando la contaminazione esotica, ma alla fin fine, osservandoli non potevi che constatare come essi fossero completamente allineati alla
logica dell’ individualismo della civiltà liberale. La grande sfida per tutti noi è quella di creare un uomo nuovo in grado di trovare la "Dawn inside the Sunset", raggiungendo un livello di formazione interna che possa rendere la nostra anima meno vulnerabile all'azione delle larve mentali che ci portiamo dentro di noi.
Dobbiamo trovare almeno una parte del nostro "Egemotikon" (cioè, il sovrano interiore) che non renda possibile il nostro regredire a bassi livelli di pensiero.
Oltre a Vinz, hai lavorato con altri artisti? Quale e in che modo hanno influenzato il tuo stile? A volte la musica industriale, ma credo ogni tipo di musica, non è sempre così originale. Molti nuovi progetti sono davvero simili a quelli storici di genere. Pensi che la collaborazione potrebbe aiutare la musica ad essere più innovativa ed originale? Negli ultimi anni sono nati alcuni ottimi nuovi progetti e labels. Tu pensi che possano rinnovare la scena? In generale, come vedi la scena attuale?
Fatta eccezione per la mia precedente militanza artistica (il rock progressivo e ancor prima il jazz), alle collaborazioni illustri, e per una buona ragione, ho preferito formare una squadra di musicisti molto competenti e di talento.
Ho lasciato che ciascuno di loro portasse il suo stile all'interno della band e il risultato di questa esperienza è oggi molto soddisfacente.
Per esempio con Egida Aurea si è progressivamente sviluppato un suono che non avrei mai immaginato all'inizio e questo grazie all'influenza dei grandi musicisti di talento che sono coinvolti.
Sono davvero convinto che tale collaborazione possa essere utile se si accetta la sfida di crescere insieme.
L'anno scorso sono state rilasciate alcune releases molto interessanti che potrebbero portare nuova vita ad una scena che tende all’ asfissia.
Grazie ancora Diego per la gentile chiacchierata, un sincero augurio per tutto.
Intervista Deleyaman
I Deleyaman sono una band nata in Armenia per mano del polistrumentista Aret Madilian.
Formati nel 2000, hanno pubblicato ad oggi 5 dischi.
Trattasi di un progetto suggestivo ed elegante.
Ascoltare i Deleyaman è come entrare in un limbo di suoni introspettivi dal sapore trascendentale, la loro è una proposta evocativa, che è stata in grado di andare oltre i soliti tentativi di imitazione dei grandissimi Dead Can Dance.
Benvenuto Aret.
Innanzitutto complimenti. Riteniamo i Deleyaman tra le formazioni attualmente più emozionanti sulla scena,
Per cominciare, ci racconti la genesi di Deleyaman?
I Deleyaman nascono il giorno in cui mi trasferì da Los Angeles in un piccolo villaggio nella campagna della Normandia.
Avevo vissuto a Parigi qualche anno prima, ma poi preferì la campagna alla città.
Gli affitti lì sono a buon mercato rispetto alla città, così fui in grado di affittare una casa grande abbastanza per mettere insieme un home studio ed iniziare a lavorare su alcune nuove idee musicali che avevo e che volli sperimentare.
Incontrai Gerard, che suona il duduk, nel 1997 per puro caso. In pratica mi trovò nella rubrica telefonica e mi chiese se avevamo qualche rapporto dal momento che condividevamo lo stesso raro cognome.
Parlando, si rese conto che non solo avevamo in condivisione lo stesso cognome, ma anche che eravamo entrambi interessati alla musica in modo particolarmente “strano”.
Mi piacque subito il suo duduk e il modo unico che aveva Gerard nel suonarlo. E 'uno dei suonatori di duduk migliori al mondo, è in grado realmente di sentirsi a proprio agio suonandolo sia tradizionalmente che in contesti sperimentali.
Credetemi è difficile trovare qualcuno che sia in grado di fare ciò con il Duduk nel panorama musicale attuale.
Così, quando sono venuto in Normandia da Los Angeles, lo chiamai e gli chiesi se fosse interessato ad unirsi alla band che si stava formando.
Poi avvenne l’altro mio incontro casuale, quello con Beatrice e la sua voce. Lei faceva parte di un gruppo di amici che allora veniva a farmi visita di tanto in tanto in Normandia. In una di queste visite, cominciò a cantare delle composizioni che noi tutti ascoltammo per un pomeriggio intero. Rimasi molto colpito dal suo tono vocale molto particolare e malinconico. Sentii qualcosa di molto straziante e caldo nella sua voce. Così feci a lei la stessa domanda che avevo fatto a Gerard in precedenza.
Allora avevo già scritto la maggior parte delle canzoni per il nostro primo album in modo che Gerard e Beatrice potessero poi aggiungerci il duduk e le parti vocali.
Fortunatamente trovammo in breve tempo una piccola etichetta indipendente a Parigi disposta a rilasciare il nostro primo album nel 2001. Una volta che l'album uscì, decidemmo di fare alcuni concerti dal vivo per provare la nostra musica fuori da un contesto di studio, suonando dal vivo.
Fino ad allora avevo fatto tutto il percussivo e la programmazione della batteria artificialmente, ma poi decisi di trovare un batterista. Anche in questo caso, il destino ebbe una soluzione per noi. Avevo sentito parlare di un batterista svedese che viveva nel mio villaggio, eravamo gli unici due stranieri. Mi misi a cercare la fattoria dove aveva vissuto e bussai alla sua porta una mattina con il nostro primo CD in mano per chiedergli di partecipare al progetto Deleyaman. Accettò il giorno dopo e tutt’ora abbiamo ancora la stessa line-up.
Quindi sin dal primo disco siete stati quattro componenti, giusto?
Eravamo in tre solo per il nostro primo album “00/1”. Siamo stati quattro dal secondo.
Per il primo album, è stato fondamentale l’utilizzo di una workstation Korg per comporre tutti i brani. In un certo senso, quello è l’album più elettro-synth della nostra discografia. Gli unici elementi organici di quell'album furono il duduk e le nostre voci.
Con il secondo album cominciai anche ad aggiungere paesaggi sonori di chitarra sparse.
Iniziai inoltre a sperimentare di più con strumenti acustici come il sax, nonché utilizzando il def per le percussioni.
Gli album più recenti sono poi sicuramente più equilibrati tra l'organico e il sintetico. Io sono tornato a uno dei miei primi amori: il basso.
A proposito del duduk. Credo sia uno degli elementi che più contraddistingue i Deleyaman sia proprio il suo utilizzo. Da dove nasce il tuo amore per questo straordinario tradizionale strumento a fiato e perché sei così legato ad esso nelle vostre composizioni?
Si tratta di uno strumento straordinario sotto tutti i punti di vista.
Prima di tutto è uno strumento a fiato antichissimo, l’antenato dell'oboe. E 'uno strumento tipicamente armeno, ma lo si può trovare anche in molte altre regioni dall'altopiano anatolico nel Caucaso in Azerbaigian, Georgia e Turchia. Risale a più o meno 3000 anni fa e probabilmente ha il suono più intrigante ed emozionante che abbia mai sentito uscire da uno strumento costruito da un essere umano.
Il canto o il piangere delle balene è probabilmente l'altro suono che mi commuove allo stesso modo.
E 'anche uno degli strumenti più arcaici di ricerca che si possa immaginare. Solo un pezzo di legno cilindrico con 7 fori sulla parte anteriore e 1 o 2 sul retro. E 'fatto di un albero di albicocche e ogni duduk ha una gamma molto limitata.
Trattasi appunto di uno strumento tradizionale , ma quello che mi interessava di più era il modo in cui potessimo renderlo contemporaneo includendolo nella musica non tradizionale.
Io volevo avere il duduk non come semplice strumento ospite, bensì con un ruolo esattamente paritario rispetto ad una chitarra o ad un basso. Pertanto Gerard è un vero membro del gruppo, non solo un musicista ospite. Comporre solo alcune canzoni per il duduk per far sentire quanto è bello il suo suono non era certo nei miei intenti, bensì l’obiettivo è sempre stato quello di trovargli un posto di pari dignità rispetto qualsiasi altro strumento o alla voce nelle composizioni.
A tratti ricordate i Dead Can Dance, ma nel complesso la vostra proposta è molto originale. Quali sono i vostri principali riferimenti artistici?
Siamo spesso in disaccordo, quando veniamo paragonati ai Dead Can Dance. La cosa divertente è che nessuno nella band aveva ascoltato i Dead Can Dance prima di formare Deleyaman. Detto questo, capisco le ragioni per cui così tante persone ci trovano simili. Tendo a pensare che i motivi principali siano che entrambe le band hanno un cantante maschio e femmina che condividono le funzioni vocali, entrambi i gruppi sono influenzati sia dall’ occidentale che dalla musica orientale, entrambi i gruppi hanno utilizzato strumenti tradizionali in un contesto musicale contemporaneo, entrambe le band tendono a favorire suggestivi paesaggi musicali. Ma anche se molti hanno paragonato la mia voce a quella di Brendan Perry, io non vedo come la voce di Beatrice possa essere paragonata a quella di Lisa Gerrard.
Personalmente ritengo che una band come Rajna sia musicalmente più vicina ai Dead Can Dance rispetto a quanto lo siamo noi.
Quando ero molto giovane a Los Angeles ascoltavo The Doors, Fleetwood Mac, Styx, Supertramp ecc, e devo anche ammettere che quando ero un ragazzino, con gioia mi piaceva ascoltare gli ABBA e i Demmiss Roussos.
Il mio primo amore di suggestivi paesaggi musicali fu probabilmente il risultato di una musica di Ennio Morricone utilizzata per i western di Sergio Leone.
Mi ricordo che guardavo tutti i film di Leone gratuitamente dal balcone di mia nonna che si affacciava su un cinema all’ aperto a Istanbul. Momenti meravigliosi incisi nel mio cuore. Lì c’era il mondo orientale armeno, turco e greco che ho sempre sentito dentro di me da immigrato a Los Angeles. La mia nonna paterna era greca e mio nonno armeno. Entrambi originariamente dalle rive del Mar Nero, si trasferirono a vivere a Istanbul dove io nacqui.
Per quanto riguarda i miei riferimenti reali o influenze della musica occidentale, sono cresciuto ascoltando The Stranglers, Joy Division, Wire, Magazine, Kraftwerk, OMD, Ultravox, The Chameleons, Simple Minds e simili, soprattutto le band post-punk dell'epoca. Poi però scoprii gente come Can e Neu! e feci un sacco di ricerche sulla musica sperimentale nella biblioteca pubblica.
La musica di Erik Satie fu certamente una rivelazione forte. In quel periodo, scoprii anche alcuni compositori ancora poco noti al grande pubblico principale. Il compositore irlandese John Field che precedette Frederic Chopin e i suoi Notturni, il francese Charles Valantin Alkan, ecc.
Le vostre sonorità sono molto orientaleggianti, tu sei di origini armene appunto. Quanto c’è dell’Armenia nella musica di Deleyaman?
Credo che la parte armena della nostra musica sia portata alla luce più che altro da Gerard e dal suo duduk.
Lui ha viaggiato molte volte in terra armena e ha speso un sacco di tempo con i maestri del duduk che vivono nei villaggi rurali per apprendere e acquisire la conoscenza del passato musicale, filosofico e spirituale dello strumento.
Penso che le mie origini armene siano invece più sottilmente rappresentate in Deleyaman.
Forse più in forma del mio fraseggio vocale o nelle strutture melodiche. La nostra musica è una miscela di tutte le nostre esperienze, amori, ispirazioni e i nostri sé più profondi che è difficile per me separare e distinguere l'est dall'ovest, se sai cosa voglio dire. Tranne ovviamente il duduk che ha un suono riconoscibile e ultraterreno.
Sempre rimanendo al forte impatto spirituale della vostra musica, in “fourth part one” son presenti parole di Khalil Gibran. Khalil Gibran era di religione cristiano-maronita, quale ruolo ha la religione nella tua vita?
Questa è una domanda interessante. La religione non gioca un ruolo consapevole nella nostra musica.
Quello che voglio dire è che non facciamo musica per qualche essere superiore, né io personalmente mi sento guidato da una missione sacra. È molto più semplice. Siamo una band molto istintiva, facciamo musica con le nostre viscere e i nostri sentimenti, molto meno con le nostre menti. Penso che la mente o le considerazioni mentali siano utili più che altro durante le fasi di disposizione o di raggruppamento dell'album. Abbiamo un rapporto più esistenziale e diretto rispetto ad un religioso, non abbiamo bisogno di un interprete tra noi e il mistero cosmico. Anche se capisco le esigenze mistiche e le sensazioni di alcuni esseri umani, molto luminosi, come Gibran, Gandhi o di Edgar A. Poe. Tutti questi uomini ci hanno lasciato con grandi doni.
Nei vostri dischi c’è l’utilizzo di poesie di grandi del passato. In particolare ci ha colpito in “Fourth, part two” la citazione di Ralph Waldo Emerson. Come mai la scelta di questo sottovalutato saggista?
Ho scelto Emerson perché per me lui faceva parte di quella parte di poeti in cerca del trascendente e del desiderio di qualcosa di più di ciò che il mondo occidentale ha da offrire in termini di cibo spirituale. Egli era molto interessato alle filosofie religiose dell’ est.
Un brano straordinario dell’ultimo cd è “Brahma”. Come è nato?
Guarda, ho un libro molto speciale che comprai anni fa per 0,50 centesimi in una libreria di Los Angeles. Si trattava di un libro di poesie di poeti poco noti americani.
Un giorno, nel nostro studio, stavo provando quella che divenne poi la linea di basso di apertura di Brahma, ricercavo qualcosa ma non sapevo cosa.
Mentre suonavo le due semplici note introduttive della canzone, trovai quel libro accanto a me, trovai la poesia Brahma di Emerson. Cominciai così a cantare il testo intero della poesia senza cambiare una parola né un battito del ritmo.
Si adattavano perfettamente. E 'piuttosto raro quando le cose vanno in una misura così perfetta senza alcuno sforzo
Sapevo che sarebbe stato un nuovo brano ma avevo bisogno degli altri per implementarlo. Considerando il contenuto della poesia, la canzone fu implementata con il solito duduk di Gerard. Lui essendo una persona molto incline alla spiritualità, fece la sua parte nel modo più naturale possibile. Quindi decidemmo di aggiungere le chitarre nello sfondo per dare una sensazione di grinta unita alle parti vocali di Beatrice.
Attualmente vivi in Francia? Com’è il clima culturale in terra transalpina? Sei soddisfatto?
No, non sono affatto soddisfatto.
A mio parere, la Francia è diventata vittima del suo stesso successo passato.
Sembra che il paese si stia cullando su una gloria passata invece di interessarsi a offrire qualcosa di nuovo al mondo come fece un secolo fa.
Non vi è alcuna attenzione per una contro-cultura.
Si dà spazio sempre e solo ai grandi nomi tradizionali popolari sicuri di portare pubblico e denaro.
Non si prendono i rischi necessari per lanciare nuovi artisti o movimenti nuovi. Il paradosso è che il governo francese spende un sacco di soldi per sovvenzionare la cultura. A loro piace mettersi in gioco e contribuire a spingere la cultura, ma credo che sia proprio questo il problema. Non c'è abbastanza libertà amministrativa, né spazio per gli individui a prendere iniziative personali. Tutte le iniziative personali sono soggette alle stesse norme pesanti amministrative.
Per la contro-cultura a fiorire, sarebbe necessario liberare gli artisti e la cultura da parte dello Stato e dei governi per poter favorire le iniziative personali, le arti sovversive e gli investimenti dei cittadini.
Penso che l'arte e la cultura dovrebbero essere separate dal governo. Il governo francese ha recuperato la cultura popolare e la ha istituzionalizzata.
Non so come sia in Italia, ma tutto questo può benissimo essere la parte meno interessante della medaglia socialista.
State lavorando per una nuovo disco? Se sì, puoi anticiparci qualcosa?
Sì, siamo nel bel mezzo del nuovo album. Mi piacerebbe dirvi di più su di esso, ma onestamente non so dove ci porterà. Vi posso dire che è molto diverso da tutto ciò che abbiamo fatto prima, ma ancora riconoscibile nello stile tipico di Deleyaman.
Non siamo imprigionati nella nostra idea di noi stessi e vogliamo continuare ad esplorare, come abbiamo sempre fatto. Stiamo crescendo e invecchiando ogni giorno, come ogni altra cosa nella vita. Questo in effetti cambia noi, il nostro mondo interiore. Questi cambiamenti ci offrono nuove direzioni e ci indicano ciò che avevamo lasciato inesplorato.
Siamo tutti viaggiatori che passano attraverso questa cosa chiamata vita. Nel mio caso, mentre sono in viaggio, mi piace interpretare quello che provo attraverso la musica.
Inoltre sto già scrivendo tutti i testi del prossimo album, che sarà il primo disco di canzoni, esclusivamente con mie parole e pensieri. Come lei ha ricordato, abbiamo fatto spesso in prestito testi di poeti del passato nei nostri album precedenti, stavolta non sarà così.
Progetti futuri per la creatura Deleyaman? Vi farebbe piacere suonare dal vivo in Italia?
Faremo circa 15 spettacoli a Los Angeles e altre città negli Stati Uniti la prossima primavera. Mi piacerebbe venire a suonare in Italia, ma al momento non siamo mai stati invitati da alcun organizzatore delle vostre parti. Certo, se ci fosse la possibilità, accetteremmo sicuramente.
Grazie Aret, buona fortuna per il futuro.
Grazie a voi per le domande e il vostro interesse per la nostra musica!